MACCHINE DEL TEMPO
Rocco Papaleo: «Facevo la doppietta perfetta»
ROCCO PAPALEO IN AUTO era partito benissimo, da ragazzo. Poi si è un po’ perso e, adesso, stare al volante gli piace sempre di meno. Tutto iniziò un pomeriggio del 1977, a 18 anni e fresco di patente, quando sua mamma gli diede le chiavi del garage di zio Eginio, dicendogli che c’era da andare a ritirare qualcosa, «non ricordo se vino o conserva di pomodori». Invece dentro c’era una 500 L (L=lusso, ndr), regalo a sorpresa dei suoi genitori che gli aprì orizzonti di gloria di vario genere e natura. Prima di tutto l’ebbrezza della guida: per salire a Lauria, suo paese natale in Basilicata, c’era un lungo rettilineo e poi un curvone. «Mi sembra ancora di risentire la scalata dalla quarta alla terza, con doppietta perfetta per non grattare. Mi sentivo un pilota». Emozioni e piaceri di altro tipo la 500 L, «unico modello con sedili reclinabili», ne ha regalati parecchi al futuro regista di Basilicata Coast to Coast. L’ebbrezza da pilota, e da latin lover, crescendo si è stemperata; ma l’auto è rimasta compagna di vita, almeno in qualche momento chiave. Come nel viaggio notturno, invernale, solitario e fitto di nebbia, nel 1998, da Bologna a Bellinzona, dove stava venendo al mondo suo figlio. Il vero colpo da maestro al volante però non l’ha compiuto lui, ma un amico. «Tornavamo a notte fonda da una festa, non lucidissimi. Eravamo in un paese vicino a Roma. Lui ha preso una strada del centro, dritta, che andava stringendosi progressivamente, e inesorabilmente. Andava pianissimo, ma non si è fermato fino a quando ci siamo incastrati, come il sughero in una bottiglia: abbiamo tappato la strada, o meglio il vicolo». Loro erano seduti nel tappo, e sono usciti dal bagagliaio.