Severino: «In viaggio con mio papà militare»
UNO DEI PIÙ IMPORTANTI FILOSOFI contemporeanei è cresciuto con un desiderio che sembrava irrealizzabile: possedere un’automobile. Emanuele Severino, nella sua città natale di Brescia, da piccolo respirava aria di partenze e arrivi della Mille Miglia, di gomme, motori, corse e piloti ma le quattroruote restavano lontane dal suo orizzonte. «Mio padre era un ufficiale di carriera, medaglia al valor militare nella Prima guerra mondiale, che riteneva la guida un’attività da chauffeur o da cocchiere, e non voleva sentir parlare di patente». La macchina entrava in scena solo quando se ne noleggiava una per trasferire la famiglia nelle località di vacanza. «Io adesso sono vecchissimo, ma se ci ripenso mi sembra ancora di sentire la voce dell’autista, sulla MilanoVenezia nell’estate del 1935, quando avevo sei anni, che annunciava “Stiamo per raggiungere i cento chilometri all’ora”» . La sua attrazione per il rapporto uomo-macchina da ragazzino era cresciuta ancora di più per aver assistito all’esibizione di un erculeo saltimbanco che, a Bovegno, paese natale di sua mamma, si esibiva sdraiandosi sulla strada e facendosi passare sul petto un’automobile; un numero da circo, con l’auto al centro della scena. Quando è finalmente riuscito a prendere la patente, a 22 anni, già con la sua prima Fiat 1100 ha stabilito un buon rapporto. «Le auto sono un po’ case viaggianti. Se si usano nei trasferimenti lunghi creano abitudini, familiarità, intesa». Da quando è mancata sua moglie non ha più voluto prendere in mano il volante. Ora per le sue trasferte ai convegni, anche se gli offrono sempre un passaggio in auto, lui preferisce avere al suo fianco Adolfo Contessa «un autista diventato il compagno di viaggio ideale». E insostituibile. Emanuele Severino (Brescia, 1929). Dal 2005 è professore emerito all’università di Venezia. Il suo libro più recente, uscito nel 2017, è (Rizzoli).