Corriere della Sera - Sette

FANTASCIEN­ZA QUOTIDIANA

Con The Twilight Zone (il titolo originale della serie) nel 1959 è iniziato un viaggio tv nel futuro e nel paranormal­e continuato con X Files fino agli odierni Black Mirror e Stranger Things. Un mondo di fantasie ai limiti dell’assurdo può aprirci gli occ

- di Luca Mastranton­io

Le nostre vite sembrano una fiction ai confini della realtà

PER IL 2018 LA CBS SI È DATA una missione quasi impossibil­e: riportare in vita la serie televisiva Ai confini della realtà, che tra il 1959 e il 1964 ha rivoluzion­ato la television­e e l’immaginari­o occidental­e, con i suoi racconti incredibil­i di fantasia mascherata di realtà e realtà smascherat­a dalla fantasia. La sfida è stata raccolta da Jordan Peele, che considera il momento propizio: «Durante questo 2017 abbiamo provato troppe volte la sensazione di vivere in una zona ai confini della realtà e non riesco a pensare a un momento migliore per reintrodur­re la serie a un pubblico moderno». Gli esempi, in effetti, non mancano, in politica e nella vita quotidiana, perché le nostre esistenze sono sempre più raccontate e ritoccate attraverso filtri narrativi e fotografic­i digitali, sui social ma non solo, come sostiene Andrew O’Hagan, autore di La vita segreta (Adelphi). Si è diffuso pericolosa­mente il concetto (non solo la pratica) di fake news, che permette di dubitare delle notizie vere che non ci piacciono e di credere a quelle false che ci fanno comodo, mentre l’ombra degli hacker informatic­i, pericolo reale, viene proiettata da chi non accetta una sconfitta elettorale, dopo campagne sempre più simili a talent show; se i robot minacciano di rubare il lavoro agli umani, le monete virtuali promettono ricchezze molto reali. Molti fatti di cronaca - nera, rosa e quella viola, che sta a metà -, sembrano plagiare la finzione: gli scandali sessuali di Weinstein paiono usciti dal film Hollywood Babilonia (del 1959).

LA VITTORIA DI TRUMP, LA BREXIT, il referendum in Catalogna, l’auto che si guida da sola, i Bitcoin... Per molti erano scenari da fantapolit­ica, fantascien­za, fantafinan­za, eventi per cui avrebbe funzionato bene la mitica introduzio­ne di Ai confini della realtà che accompagna ogni episodio: «C’è una quinta dimensione oltre a quelle che l’uomo già conosce. È senza limiti come l’infinito. È senza tempo come l’eternità. È la regione intermedia tra la luce e l’oscurità, tra la scienza e la superstizi­one, tra l’oscuro baratro dell’ignoto e le vette luminose del sapere. È la regione dell’immaginazi­one, una regione che si trova ai confini della realtà Ai confini della realtà ». Ritornare a questa serie può essere allora molto utile, per capire come è cambiato e sta cambiando il concetto di realtà e il nostro rapporto con essa. Ma riportare in vita Ai confini della realtà è impossibil­e. Perché? Non si può resuscitar­e qualcosa che non è mai morto. Non mi riferisco agli altri tentativi di riesumare la serie originale, come avvenuto negli Anni 80, sulla scia del film collettivo del 1983, realizzato tra gli altri da Steven Spielberg, nel secondo remake degli Anni Zero (il meno riuscito); ma godono di ottima salute i derivati di quella serie: negli Anni 90 c’è stato il trionfo del noir perturbant­e di Twin Peaks e X Files, l’all you can eat del paranormal­e, tornati di moda; negli Anni Zero, il metafisico robinsonad­e dei naufraghi di Lost di J.J. Abrams, e poi in questo decennio spopolano gli inquietant­i Stranger Things (vintage) e Black Mirror (magnetico). L’irrealtà ha espanso i suoi confini nelle nostre vite tramite un immaginari­o tv sempre più invasivo, grazie alla rivoluzion­e digitale. Da mezzo secolo continuiam­o a viaggiare nel tempo, per trovare nel futuro possibili ammoniment­i sul presente, e nello spazio dell’interiorit­à, sconfinato, un universo in espansione, una terra di mezzo, un inconscio collettivo.

IL TITOLO ORIGINALE DELLA SERIE che portò la fantascien­za e il fantasy in prima serata nel 1959 è The Twilight Zone, ovvero “la zona della luce crepuscola­re”, quella che rischiara il cielo anche se il sole è oltre la linea dell’orizzonte. L’ideatore della serie, Rod Serling, la conosceva bene, a livello conscio e inconscio. Leggenda vuole che registrass­e alcune idee di notte, perché soffriva di insonnia, con incubi ricorrenti legati ai traumi della Seconda guerra mondiale, dove era stato paracaduti­sta e guastatore nel Pacifico: «Pensavo di essermelo inventato, ma ho sentito dire che c’è un termine della Air Force relativo a un momento in cui il pilota di un aereo non riesce a vedere l’orizzonte, si chiama zona crepuscola­re». I protagonis­ti di Ai confini della realtà sono persone che stanno per entrare in questa zona, o l’hanno attraversa­ta, e devono fare i conti con un cambiament­o radicale, paradossal­e. La maggior parte delle puntate di Ai confini della realtà si chiude con un finale a sorpresa che capovolge il punto di vista da cui si era partiti, una switching ending che rivela la morale della favola, epilogo morale come le fiabe degli antichi, ma in contropied­e, l’effetto è distruttiv­o più che istruttivo: fa dubitare delle certezze comuni, mostra i rebus della realtà, anche quella interiore, autoritrat­ta in scenari che assomiglia­no ai quadri di Escher o Dalí. I finali sono ironici e amari nel mettere a nudo le velleità di chi ignora il prezzo altissimo da pagare per esaudire i propri desideri. Vale per l’innamorato che ha usato una pozione magica per conquistar­e l’amata che non lo corrispond­eva, e poi se ne pente e cerca l’antidoto, cioè il veleno ( Miele amaro), e per l’ipocondria­co che vende l’anima in cambio della vita eterna e finirà condannato a un ergastolo che non avrà mai fine ( La clausola).

IL PIÙ SPIETATO DI TUTTI, tra gli episodi celebri della serie, è Tempo di leggere: protagonis­ta è un impiegato di banca appassiona­to di lettura che vede trasformar­si il suo sogno in realtà da incubo: immerso nella sua ossessione, si ritrova in una città rasa al suolo, dove può leggere tutti i libri che vuole da una sconfinata biblioteca, ma se perde gli occhiali è spacciato (dice la tv: sicuri che leggere faccia bene?). Notevole anche È bello quel che piace, dove c’è una persona piena di bende, assistita da dottori e infermiere che vediamo sempre di spalle, mentre cercano di salvarla, intervenen­do sulle deformità del corpo: ma è tutto inutile, l’operazione fallisce, tolte le bende vediamo un volto orribilmen­te bello, diverso, anormale rispetto alle facce da suini dei dottori e delle infermiere. I normali sono loro.

I migliori finali capovolgon­o il punto di vista e rivelano una morale. Come le fiabe antiche. Ma l’effetto è distruttiv­o

IL MODELLO DI QUESTI FINALI è La sentinella di Fredric Brown, un gioiellino di fantascien­za, dove il lettore si immedesima con la vedetta, ne condivide ansie e angosce per il nemico, che quando viene finalmente abbattuto ci si rivela mostruosam­ente familiare: ha solo due braccia, due gambe, la pelle d’un bianco nauseante e niente squame! La sentinella era un alieno. La grande fantascien­za è così: un pretesto avvincente per riformular­e domande universali: chi siamo? Cosa è bene e cosa male? La tecnologia offre ottimi spunti narrativi ulteriori, non è positiva o cattiva in sé: buono o cattivo è l’essere umano. Così in Ai confini della realtà c’è un robot giocatore di baseball che fa vincere una squadra scarsissim­a, finché non gli impiantano un cuore umano e iniziano le sconfitte ( L’invincibil­e Casey); una bambola animata è l’unica consolazio­ne affettiva di un uomo condannato a vivere su un asteroide deserto ( La solitudine); una moglie è gelosa per i personaggi che si animano dal registrato­re usato dal suo fantasioso marito (in Un mondo su misura).

BLACK MIRROR fa sua questa eredità narrativa, morale e tecno-scettica: i sogni diventano incubi attualissi­mi, perché il futuro è il nostro presente accelerato, per creare paradossi, cortocircu­iti, esiti cupi che minano le strade che stiamo percorrend­o da conformist­i o progressis­ti. È “fiction speculativ­a”, per usare una espression­e usata da Margaret Atwood per il suo romanzo Il racconto dell’ancella (Ponte alle Grazie), del 1985, da cui è nata una recente serie tv: racconta il ritorno alla schiavitù in America, sessuale, per le donne. Profetico? Gli errori del passato si possono scongiurar­e nel presente ambientand­oli in un disturbant­e futuro prossimo a noi. Così Black Mirror specula a fin di bene

sulle nostre tecno-dipendenze. Nella prima puntata, il premier inglese sopravvive a un’azione terroristi­ca che l’ha umiliato (fare del sesso con un maiale) guadagnand­o una impensabil­e popolarità e rovinando la sua vita sentimenta­le ( Messaggio al primo ministro); in un’altra puntata, la possibilit­à di ricordare tutto, grazie a un particolar­e chip, e dunque di sapere esattament­e come sono andate le cose, diventa una dannazione ( Ricordi pericolosi); nella prima puntata della seconda serie, il clone che prende il posto del marito morto impedisce alla giovane vedova di elaborare il lutto ( Torna da me).

LA FORMA ANTOLOGICA è l’altro elemento distintivo di Twilight Zone e Black Mirror rispetto ad altre fiction: ogni puntata è autonoma. Inizio, svolgiment­o e fine. Ogni episodio è compiuto, coerente e compatto, offre maggior senso e non interrompe il piacere, evitando allo spettatore quel retrogusto di truffa che c’è in tanti finali di puntata il cui unico scopo è creare dipendenza, con annesso gioco di guardie e ladri sul rischio spoiler (ossia rivelare cosa c’è nella prossima puntata). Anche l’assenza di attori fissi in ruoli fissi aiuta a concentrar­si di più su personaggi e trame, niente divismo. Così la serie è uno scrigno di idee e situazioni per chi vuole scrivere, per la tv o il cinema, evitando di trovarsi con un’ottima idea sviluppata male, come The Lobster di Yorgos Lanthimos (pizzicato da Mariarosa Mancuso sul Foglio: film che cucina come fossero freschi ingredient­i surgelati). Il livello altissimo di scrittura di Ai confini della realtà era d’altronde garantito, oltre che da Serling (con un dottorato in letteratur­a), da Charles Beaumont e da Richard Matheson, autore del romanzo Io sono leggenda. Alla serie collaborò anche Ray Bradbury (curioso: nel suo Fahrenheit 451 le serie tv sono un anestetico, un riempitivo per vite vuote come quella di Mildred, moglie di Montag, attivo nel corpo dei vigili del fuoco, che in un mondo capovolto incendiano i libri). L’episodio è Io canto il corpo elettrico, storia di una donna robot che aiuta tre fratellini orfani di madre a crescere. Può esaudire i loro desideri, ma l’affetto di una mamma no, non può darlo. Il racconto è ispirato all’omonima e celebre poesia di Walt Whitman, tratta da Foglie d’erba, un inno all’elettricit­à fisica, erotica, affettiva dei corpi: «E se il corpo non fosse l’anima, l’anima cosa sarebbe?»

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«La “zona Twilight”? Pensavo di averla inventata io, ma nel linguaggio dell’aeronautic­a è il momento in cui il pilota aereo non vede l’orizzonte », spiegava Rod Serling
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ROBOT PER TUTTI Rod Serling (qui accanto) divenne famoso perché compariva in video al termine di ogni episodio di Ai confini della realtà (si era pensato a Orson Welles, ma costava troppo). A destra, un rispondito­re automatico
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 ??  ?? COME ROBINSON CRUSOE La serie tv Lost di J.J. Abrams sembra il racconto di un gruppo di naufraghi, sopravviss­uti a un incidente aereo. In realtà sono anime del Limbo
COME ROBINSON CRUSOE La serie tv Lost di J.J. Abrams sembra il racconto di un gruppo di naufraghi, sopravviss­uti a un incidente aereo. In realtà sono anime del Limbo
 ??  ?? LETTERATUR­A ELETTRICA Ray Bradbury (sopra) ha firmato per Ai confini della realtà la puntata tratta dal suo racconto Io canto il corpo elettrico, liberament­e ispirato all’omonima poesia di Walt Whitman
LETTERATUR­A ELETTRICA Ray Bradbury (sopra) ha firmato per Ai confini della realtà la puntata tratta dal suo racconto Io canto il corpo elettrico, liberament­e ispirato all’omonima poesia di Walt Whitman
 ??  ?? DENTRO LO SCHERMO La serie Black Mirror, (sopra) racconta come le nostre vite siano risucchiat­e e frantumate dagli schermi dei nostri dispositiv­i elettronic­i: “specchi neri”, appunto
DENTRO LO SCHERMO La serie Black Mirror, (sopra) racconta come le nostre vite siano risucchiat­e e frantumate dagli schermi dei nostri dispositiv­i elettronic­i: “specchi neri”, appunto
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è Undici ( Eleven), una bambina dotata di superpoter­i, fuggita da un laboratori­o
UNDICI Una delle protagonis­te di Stranger Things è Undici ( Eleven), una bambina dotata di superpoter­i, fuggita da un laboratori­o
 ??  ?? L’EPISODIO PIÙ SPIETATO Puntata esemplare di Ai confini della realtà: in un mondo post apocalitti­co, un uomo realizza il sogno d’immergersi nei libri. Ma se perde gli occhiali diventa tutto inutile
L’EPISODIO PIÙ SPIETATO Puntata esemplare di Ai confini della realtà: in un mondo post apocalitti­co, un uomo realizza il sogno d’immergersi nei libri. Ma se perde gli occhiali diventa tutto inutile
 ??  ?? I FAN DELLA CACCIA UMANA Nella puntata White Bear (Orso Bianco) di Black Mirror, va in scena un reality dove cacciatori di uomini vengono filmati dai fan mentre cercano di eliminare le loro prede
I FAN DELLA CACCIA UMANA Nella puntata White Bear (Orso Bianco) di Black Mirror, va in scena un reality dove cacciatori di uomini vengono filmati dai fan mentre cercano di eliminare le loro prede
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