CRITICO ROTANTE
Un tramezzino da Betty vale più di una foto sui social
INTANTO IL NOME: Bar dei osei. Perché fino a qualche decennio fa, proprio lì davanti, si svolgeva quotidianamente il commercio degli uccelli, vivi. Quaglie, fagiani, tordi, germani reali che arrivano tutte le mattine dalla campagna. Poi il luogo, nel centro di Padova, in Piazza dei Frutti (non della Frutta, come più elegantemente si tende a dire), proprio all’angolo con il Volto della corda, a cui un tempo venivano appesi imbroglioni e malfattori. Tecnicamente poi, il bar è sotto il Salone, il più antico centro commerciale al mondo, un luogo unico, anche prescindendo dall’enorme cavallo ligneo che vi è custodito, per respirare quel che rimane della vecchia Padova, città di commercianti. Da oltre vent’anni, proprio dal Bar dei osei, iniziano a mezzogiorno della vigilia di Natale interminabili giri di “ombre”, che si concluderanno solo sfociando nel cenone serale. Ma in tutti gli altri giorni, da quest’angolo privilegiato a due passi dagli stucchi del Caffè Pedrocchi e dall’aristocratica università, quasi adiacente al palazzo comunale, passa la città.
È IL LUOGO DEGLI APPUNTAMENTI con gli amici di sempre, il vero social network dei padovani della mia generazione (ma anche di altre): non occorre postare una foto, basta passare di lì per certificare la propria presenza in città. Gestito da più di trent’anni da Marco Minotto e soprattutto da sua moglie Betty, il Bar dei osei è un antesignano dello street food: offre panini e tramezzini come solo a Padova si preparano. Lo spazio del locale quasi non c’è e questo lo rende ancor di più un luogo dello spirito, non solo nel senso alcolico del termine. L’interno è praticamente riservato a chi lavora, i clienti è meglio che stiano fuori, riparati dal portico d’inverno o seduti ai tavolini durante la bella stagione, a guardar passare la gente.
CONFLITTO D’INTERESSE