Ksenia Sobchak: «Per candidarsi in Russia bisogna essere temerari»
Dalla copertina di Playboy alla politica passando per il giornalismo d’assalto. Figlia dell’ex sindaco di Leningrado che salvò Vladimir Putin dall’oblio, il 18 marzo partecipa alle elezioni presidenziali. Una trovata del Cremlino per dare legittimità al v
MOSCA – Lungo la Moscova, non lontano dal monastero di Novodevicij, nell’ex fabbrica di seta dell’era sovietica, sorge il quartier generale di Ksenia Sobchak, 36 anni, la personalità più nota di tutta la Russia dopo il presidente Putin, che lei sfiderà alle elezioni del 18 marzo. Nessuna insegna, nessuna indicazione. Neve ovunque e nessuno a cui chiedere alle otto di sera da quale porta o vicolo dell’ex opificio si accede alla donna più discussa di Mosca. Ksenia è la figlia di Anatolij Sobchak, personaggio notissimo in Russia scomparso nel 2000. Primo sindaco eletto democraticamente a Leningrado, indisse il referendum per restituire l’antico nome alla città (San Pie-
troburgo), partecipò alla stesura della Costituzione, salvò Vladimir Putin dall’oblio dopo la caduta del Muro, nominandolo suo vice. Non è stato facile ottenere l’intervista. I rapporti con lo ‘shtab’, come qui chiamano le sedi politiche, sono complicati. Per questo ad un certo punto, e con poche speranze, avevamo mandato un messaggio a un vecchio numero di telefono di Ksenia Sobchak, reperito in occasione di un altro incontro cinque anni prima, quando lei stava emergendo come stella del giornalismo d’assalto presso l’unica televisione indipendente della Russia: TvRain. «Great», ci risponde su WhatsApp a mezzanotte (per lei le 2 del mattino), «definisci i dettagli con la mia segretaria». Però quando le chiediamo i contatti reagisce: «Se sei una giornalista, te li trovi da sola». Scoviamo le coordinate di chi detiene l’agenda, otteniamo approssimativamente l’ora e il giorno dell’appuntamento. Ma non l’indirizzo. Come nelle favole, la principessa esige il superamento di svariate prove. La sede è enorme (la più grande delle 40 sparse per il Paese), decine i giovani che ci lavorano. Chi sostenga le spese di questa macchina è uno dei misteri della scel-
ta politica di Ksenia, che molti considerano un astuto espediente della casta per fornire un aspetto democratico alle elezioni che incoroneranno per la quarta volta Vladimir Putin, e per fornire un volto fresco e popolare a un appuntamento elettorale nato smorto. Per questo l’intellighenzia non la tollera, e giudica il suo colpo di scena una trovata improvvida e immorale che ha scardinato dal piedistallo Alexei Navalny, l’impavido capo dell’opposizione bandito dalle presidenziali per una discutibile condanna per frode, impegnato ora a mobilitare il suo popolo per boicottare con l’astensione il voto di marzo. Quando entriamo, la candidata Sobchak è impegnata in un’intervista live su YouTube. Poi un altro appuntamento ineludibile. Accediamo verso le 21. Una scrivania, due poltrone, due mele mangiucchiate e una grande tela che riproduce una copertina di Vogue con la sua effige. È sfinita ma impeccabile. Ha dismesso gli abiti e gli atteggiamenti di quando posava sulle copertine di Playboy, conduceva sulla rete nazionale la versione russa del Grande Fratello ( Dom2), recitava ne La bionda al cioccolato, scriveva libri su come sposare un miliardario, dominava la scena mondana...Il nuovo progetto esige occhiali da gatta, tailleur sotto il ginocchio, scarpe basse, gioielli sobri.
Ksenia Anatolevna, il suo passato nuoce alla sua immagine politica, lo usano contro di lei. Se ne pente? «Ho fatto una grande carriera, ho guadagnato un sacco di soldi senza l’aiuto di nessuno e ne vado fiera. Non ha senso pentirsi di qualcosa che non puoi cambiare. Puoi influire invece sul tuo futuro. Non credo affatto che Ronald Reagan si sia pentito dei suoi trascorsi a Hollywood. E poi negli ultimi 6 anni sono stata una giorna-
lista televisiva e ho messo a segno scoop importanti: sono stata la prima a intervistare Mikhail Khodorkovsky ( l’oligarca, ex uomo più ricco della Russia condannato a dieci anni di reclusione, ndr) a Berlino dopo la prigione. Dopo di me ad aspettare c’era Christiane Amanpour, della Cnn, che per me ai tempi dell’università era un mito. “Hai finito?”, mi chiese. Non può capire quanto ero orgogliosa». Che qualità occorrono per candidarsi in Russia? «Essere temerari. È molto dura qui: rischi di essere messo in prigione, di essere ammazzato o bullizzato. L’auto di un mio sostenitore che cercava di raccogliere le firme necessarie alla candidatura è stata incendiata. I luoghi che vogliamo affittare per organizzare i nostri incontri spesso annullano gli accordi per paura, come è successo di recente a San Pietroburgo». Alexei Navalny, il leader riconosciuto dell’opposizione, sostiene che Putin sia al vertice di un sistema corrotto. Pensa la stessa cosa? «Certo». Allora qual è il segreto per farsi accettare dal Cremlino e averne la benedizione? Perché lei sì e Navalny no? «In uno stato autoritario è importante essere duri in alcuni momenti e teneri in altri. Adesso percepiscono Navalny come una minaccia e sottovalutano me. È una fortuna essere sottovalutati. Krusciov fu l’esito di numerosi intrighi, una figura di compromesso sottovalutata. Alexei è troppo radicale, vuole la rivoluzione, la menziona continuamente. Io punto a un processo evolutivo, in modo tale che il regime cada dolcemente. Sono una politologa – mi sono laureata in una prestigiosa università di Mosca –, e ho studiato i regimi nei Paesi asiatici e in Sud America. E che fine hanno fatto le Primavere Arabe? Bisogna prima cambiare la mentalità, costituire una società civile. Come candidato ho accesso ai canali televisivi nazionali e raggiungerò milioni di persone. Cambiare radicalmente il nostro sistema porterebbe la società al collasso». È stata accanto a Alexei Navalny dal 2011, per questo la polizia ha fatto irruzione in casa sua nel 2012, ha sequestrato il suo denaro e lei ha perso la conduzione del programma sul canale nazionale. In un certo senso, un rito di passaggio: nel suo Paese si comincia ad essere presi sul serio quando si è nel mirino della polizia. Ma che rapporti ha con Navalny adesso? «Nessuno, purtroppo. Ho cercato di spiegare ad Alexei che i nostri obiettivi sono comuni, che io non vincerò come lui non avrebbe vinto. Non è colpa mia se è stato escluso». Si dice che non la voterà praticamente nessuno. Che tipo di percentuale considererà una vittoria alle votazioni? «Non ragiono in termini di percentuali. Io spero di arrivare seconda o terza nelle grandi città, a Mosca e Pietroburgo. A quel punto posso pensare a un partito con cui portare avanti il mio programma». Molto onestamente lei ha dichiarato di non avere un peso politico, che sta imparando e che per il suo programma, espresso in 123 passi, si è avvalsa dell’aiuto di esperti. Vuole delineare le priorità? «Una Repubblica non più presidenziale ma parlamentare, libertà per i media, la creazione di eccellenze industriali, cosa che Putin ha ignorato per 18 anni. E la riforma giudiziaria». A proposito, a che punto è il caso giudiziario del momento, il processo a Kirill Serebrennikov ( il regista dalle idee liberali agli arresti domiciliari da agosto con accuse non provate, ndr)? «Sostengo Kirill pubblicamente ogni volta che ne ho la possibilità. Hanno posticipato per l’ennesima volta l’inizio del processo ad aprile, per non interferire con le elezioni». Dicono di lei che è un burattino del Cremlino, un diversivo per conferire un aspetto democratico a queste elezioni e magari per individuare un potenziale successore favorevole al Presidente Putin quando dovrà ritirarsi. «Attorno al Presidente ci sono vari gruppi, una specie di mafia che si contende il potere. Nessuno sa cosa o chi Putin abbia in mente per la successione. In quanto all’essere un burattino, vedremo. Io rispondo sempre con le mie azioni. Oggi in Russia i liberali vivono in una specie di ghetto, discutono su Facebook le loro idee che non vanno oltre la porta della loro casa. Poi ci sono io, un candidato presidente in grado di diffondere i valori liberali a milioni di persone. Beh, anche se fossi un agente di Putin, sarei un buon agente anche per loro...».
«Le mie azioni dimostreranno se sono o no un burattino del Cremlino»
Cosa farebbe per la Crimea? «Proporrei un referendum che coinvolga russi e ucraini offrendo tre possibilità: volete che la Crimea sia parte della Russia, dell’Ucraina o indipendente?». Dai tempi degli zar, i capi di Stato russi prediligono ora l’Asia ora l’Europa. Lei dove si colloca? «Sto con coloro che considerano la Russia il più grande Paese europeo. L’Asia, la Cina sono interessate alla nostra terra, che in Siberia è praticamente disabitata, non a una cooperazione. Il nostro interesse è essere una parte forte della civiltà europea. Capisco le sanzioni, e condivido quelle individuali che colpiscono coloro che corrompono il sistema. Non capisco quelle contro la Russia e la sua economia. Se la impoverisci la gente vive male, la situazione sfugge dal controllo e il risultato è catastrofico». Per dieci anni ha posseduto due ristoranti rinomati, che ora ha venduto, è stata una giornalista d’assalto e direttore di varie riviste patinate in cui si affrontavano anche tematiche sociali. Ora è moglie ( dell’attore Maksim Vitorgan, ndr), da un anno madre e candidata alle presidenziali. Com’è cambiata la sua vita? «Vivo in un completo caos. Dormo poco e cerco di passare la prima parte della giornata con mio figlio. Mio marito trascorre molto tempo col bambino e scherza lamentandosi che anche lui ha una carriera, e che nella nostra casa non ci sono pari opportunità». Ha scelto un nome romantico per suo figlio, Platon. «Era un nome popolare al tempo degli zar. Anche l’ultimo favorito di Caterina II si chiamava così e persino un personaggio di Guerra e Pace, Platon Karataev, il compagno di cella di Pierre che gli infonde speranza. Poi con la Rivoluzione il nome è sparito. E io odio la rivoluzione. Io odio il comunismo».
«Io sto con coloro che considerano la Russia il più grande Paese d’Europa»
Come andrà a finire? Comunque vadano le elezioni, l’impressione è che per Ksiuscia – così la chiamano i più intimi – sarà un successo. I russi continueranno a parlare di lei, gli stranieri ne scriveranno. Il suo brand personale volerà. Sempre che il Cremlino non decida di riportarla bruscamente a terra.