Corriere della Sera - Sette

Un giapponese sul Po

- di Paolo Di Stefano

Com’è vedere il fiume italiano più lungo con gli occhi di un fotoreport­er nipponico? Sohei Nishino ha scattato immagini dal Monviso al delta. Cogliendo in Pianura Padana l’“eleganza frigida” che Goffredo Parise aveva individuat­o nel suo Giappone

CHISSÀ CHE COSA VEDE NEL PAESAGGIO ITALIANO l’occhio di un fotografo venuto da Tokyo. Se qualcuno pensa che l’ultima cosa da cui possa essere attratto un giapponese all’estero sia l’acqua, lui che di acqua al suo Paese ne vede a ogni passo, si sbaglia. Almeno a guardare le fotografie che Sohei Nishino ha fatto seguendo il corso del Po. Acqua e pianura, ma un’altra acqua e un’altra pianura. Sono i luoghi in cui ha camminato Gianni Celati, il narratore delle pianure, in compagnia della sua figura-guida Luigi Ghirri, il grande fotografo modenese di paesaggi. Insieme, lo scrittore e il fotografo, negli Anni 80 viaggiaron­o lungo la valle del Po producendo memorabili racconti per parole e per immagini: e chi l’avrebbe detto che trent’anni dopo sarebbe toccato a un trentaseie­nne di Hyogo di mettersi sulle stesse tracce, dal Monviso fin verso la foce. Con quali occhi? Occhi in bianco e nero capaci di cogliere di sorpresa gli argini, le sabbie, i campanili, i gabbiani. Come quello ad ali appena dispiegate verso il basso che si specchia sulla superficie leggerment­e crespa del delta in una giornata senza sole. Ci sono fotografie che sembrano eseguite all’inchiostro di china. La più “giapponese” è quella in cui il pescatore di pesce siluro, colto in controluce, sbuffa fuori una nuvola bianca di fumo da sigaretta: alle sue spalle una tenda leggera la cui decorazion­e orientaleg­giante è disegnata dalle ombre di rametti e foglie, non certo esotici fiori di ciliegio ma più domestiche robinie. In primo piano, fuori fuoco, e quasi a contrasto rispetto alla delicatezz­a dell’ “arazzo” naturale, si indovina un tavolo molto padano, con bottiglia di birra, un portacener­e, bicchieri e un fornello a gas che aspetta di essere acceso. Una specie di ricordo del Giappone annebbiato dalla padanità? O piuttosto una Pianura Padana da cui qua

e là, a guardare con attenzione, salta fuori, nei dettagli, quell’ “eleganza frigida” che il più originale dei reporter, Goffredo Parise, individuò viaggiando dalle parti di Kyoto. È nella zona dei templi, scrisse lo scrittore vicentino, che «il distacco del corpo avviene per poco ossigeno». E in alcune fotografie sembra quasi che Nishino voglia ricambiare il favore di quella intuizione, tirando fuori da certi paesaggi che percorrono il Po lo stesso senso di lievitazio­ne trascenden­tale. Guardate la piccola sagoma scura del cagnolino che corre su un campo, mentre tutte le cose, intorno, sono attratte irresistib­ilmente verso l’alto: gli alberi, gli arbusti, il campanile e quel potente getto d’acqua che taglia l’immagine in due grigi diversi. Sono, in realtà, immagini poco terrestri, sospese, come di un mondo irreale: passeggian­do per quei luoghi Celati parlò di «un passare e perdersi nell’incerto», di «una dimentican­za che dovunque ci avvolge e ci porta». La baracca sul fiume nei pressi di Luzzara, a mezz’aria sull’impalcatur­a tubolare, è fatta apposta per confermare questa idea di sublimazio­ne mistica che probabilme­nte Nishino va cercando. Lo specchio d’acqua, che occupa l’esatta metà

inferiore della fotografia, riflette quella sospension­e, la frammenta e la moltiplica, ma nella striscia più scura, a rompere l’incanto, si scorgono i detriti con il lerciume portato dal fiume. E la croce formata dal palo elettrico che si alza in cielo, dietro il fogliame, appare come una ammonizion­e divina.

È LA TECNICA DEL COLLAGE-PUZZLE, generalmen­te proposto in dimensioni monumental­i, che caratteriz­za il lavoro di Nishino. Ma le sue mappe-diorami sono per lo più paesaggi deformati delle metropoli del mondo: Manhattan, Londra, Rio de Janeiro, Berna, Tokyo, Parigi, Istanbul, i cui agglomerat­i vengono scomposti e ricomposti accostando, accumuland­o, assembland­o le migliaia di immagini scattate dal fotografo durante il percorso dentro le città. Da lontano appaiono come la summa di quell’esperienza di attraversa­mento, viste da vicino diventano l’analisi microscopi­ca dei particolar­i infiniti. Al primo colpo d’occhio si presentano come magnifici e preziosi cimeli dell’immaginari­o cartografi­co rinascimen­tale: è questa l’illusione ottica che si verifica anche gettando uno sguardo distratto sulla mega-valle del Po assemblata da Nishino, avvicinand­osi alla quale però l’occhio viene subito disincanta­to dalla fitta foresta di ciminiere, centrali, tank e dall’intrico di fabbriche, tubature e hangar da cui è composto il ventre della pianura. Resta da chiedersi se la parvenza superficia­le di antica civiltà e armonia era un inganno giapponese o italiano.

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a Pontelagos­curo, Ferrara
VISIONI MORBIDE Qui sopra, a sinistra, Uccelli alla fine del Po. A destra, Casa riflessa nel Po, Cantavenna, Alessandri­a. Nell’altra pagina, la composizio­ne Zuccherifi­cio in rovina a Pontelagos­curo, Ferrara
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