L’amore romantico? Ve lo spiego in dieci parole
(Mia moglie dice che c’è anche l’undicesima)
Il romantic love nasce dalla necessità di riprodursi e ripropone legami genitoriali. Ecco i termini per capire come funziona: da amicizia ad attrazione passando per passione, seduzione, erotismo, innamoramento, sessualità, complicità, affetto e tenerezza. Secondo mia moglie bisogna aggiungere fiducia: ma io non mi fido
VOGLIO PARLARE D’AMORE. Perché paradossalmente non ne parla mai nessuno con serietà, e se ne parla pure troppo. Perché la parola significa moltissime cose, mischiate e confuse. Perché senza amore non c’è vita. Spezzerò l’idea di amore in un certo numero di parole che usiamo tutti i giorni. A scanso di equivoci voglio chiarire che parlerò dell’amore fra due individui, non di quello per lo studio o la ricreazione, né di quello per la patria, né di quello per Dio. Parlerò di quello cioè che gli anglosassoni chiamano romantic love. Ho già detto altre volte che per me il romantic love, che è assolutamente specifico della nostra specie, ha un’origine composita: nasce sì dalla necessità di riprodursi, ma mutua molti aspetti anche dall’amore fra genitori e figli, una relazione fondamentale per esseri che come noi vivono la condizione di figlio o di figlia per anni e anni. I membri di una coppia si alternano così in continuazione in un ruolo di genitore e in quello di figlio o figlia. E spesso “bamboleggiano” nel loro gergo intimo, accompagnando alle parole le smorfiette più ingenue e graziose. Ed è questo, non il nudo, il vero oggetto del pudore.
LA PRIMA PAROLA È ATTRAZIONE. Chi si ama deve provare attrazione per l’altro, attrazione fisica intendo, non importa se primaria o secondaria a un invaghimento sentimentale o intellettuale. Senza attrazione, l’amore è un insieme di fumetti vuoti e di inutile ginnastica. Un dramma borghese. La seconda è affetto. Non è amore, ma senza quello l’amore non ci può essere. La passione può avere sussulti scomposti, come pure l’amore appassionato.
L’affetto no. Persiste, magari languente, ma costante, con la funzione del volano nel motore, che dà continuità al rapporto. È mosso e muove. Anche quando l’amore si distrae, l’affetto gli tiene il posto occupato. Con rispetto e dedizione.
LA TERZA È PASSIONE, l’essenza dell’amore stesso. La passione inverte la direzione dei sentimenti: quelli puntano via da noi, verso l’oggetto amato, la passione punta dall’oggetto amato – o anche dalla sua più insignificante particolarità – verso di noi. È la passione che ci garantisce e sostiene un Io, in virtù di un Tu benedetto. La passione ci salva tutti e due, e ci fornisce l’unico senso che la vita possa avere. Chi non prova passione muore di freddo fra le taniche di gasolio. E si annoia nel Giardino delle Delizie. La quarta è innamoramento, l’inizio deflagrante di un amore, l’adolescenza dell’amore stesso. Un’improvvisa vacanza dalla serietà e dalla razionalità del quotidiano, allo stesso tempo il distillato e il parossismo dell’amore. La sua griffe inconfondibile è la bruciante sincerità, per quanto può essere sincero un essere umano. La quinta è seduzione, la gioia prevalentemente femminile di ostentarsi bella e attraente. Anche nelle vesti. Il piacere di piacere, che rende talvolta anche egoisti. Il proporsi al centro del mondo, anche se si tratta solo di un mondo. La sesta è erotismo, un altro aspetto del rapporto amoroso che appare esclusivamente umano. Per questo motivo non è facile da caratterizzare ed è spessissimo frainteso. Poche persone, infatti, sono consapevoli dell’erotismo che serpeggia o che campeggia nel loro rapporto. In virtù di quello, il corpo e le sue peculiarità più concrete divengono oggetto di un esperimento astratto e di una vera e propria transustanziazione verso l’aperto e l’inusitato. La settima è sessualità. Il vero nocciolo della questione, che come tutti i noccioli non figura mai molto. L’amore non è sesso, ma senza sesso non è amore. E non è vita.
L’OTTAVA È TENEREZZA, il sospiro e il fremito di terre lontane. Forse l’aspetto dell’amore che va più lontano, nel tempo e nello spazio. Il “campo” nel quale ha presa il telefonino dell’amore. La nona è complicità, il residuato, a volte sbarazzino e via via crescente, di anni d’intimità. La decima, amicizia, non appartiene quasi mai al discorso amoroso vero e proprio, ma c’è, certamente c’è, un innegabile rapporto di contiguità. (Mia moglie dice che c’è anche la fiducia tra gli innamorati, quieta, totale e cieca, ovviamente. Si vede che lei ha un eccesso di ossitocina. Io di lei non mi fido).