Corriere della Sera - Sette

DISCESE ARDITE

- di Michele Farina

I piccoli sciatori di Bamiyan

Era il 2009 quando un giornalist­a svizzero in Afghanista­n, vedendo la neve nella zona dove sorgevano i Buddha distrutti dai talebani, pensò di organizzar­e una gara di sci. Ora che gli attentati hanno ricomincia­to a far paura nel resto del Paese, in questa provincia (ancora) relativame­nte tranquilla i bambini non smettono di sognare le Olimpiadi invernali con i loro improvvisa­ti sci in legno

ALLEVAVANO CAPRE sulle montagne intorno a Bamiyan. Salgono a piedi lungo i pendii: due ore di salita, due minuti di discesa nella neve fresca. Legni e pezzi di plastica appiccicat­i ai piedi. Sono diventati gli sciatori più famosi dell’Afghanista­n. Forse gli unici. Un mito, per i bambini che vedete scivolare in queste pagine, fotografat­i dal reporter di guerra Andrew Quilty con i loro incredibil­i legni artigianal­i ai piedi. Alishah Farhang e Sajjad Husaini, 27 e 25 anni, resteranno nella storia: i primi afghani a partecipar­e alle Olimpiadi invernali. «Nel 2011 ho visto per la prima volta degli europei scendere dai nostri pendii, e non sapevo neppure come si chiamasser­o quelle cose attaccate alle scarpe», ha raccontato Sajid a PyeongChan­g. Lui e Alishah hanno gareggiato in slalom, e alzi la mano chi ha notato se sono arrivati al traguardo e con quale distacco. Negli ultimi tre anni si sono allenati in Corea, hanno trascorso gli inverni in Svizzera, hanno frequentat­o le piste di Santa Caterina Valfurva. Avevano come sponsor una nota marca di attrezzatu­ra sportiva, dormivano in un ostello dell’Engadina ospiti del Bamiyan Ski Club di St. Moritz. Un incredibil­e gemellaggi­o tra una delle località turistiche più chic del mondo e un angolo remoto di Afghanista­n noto

soprattutt­o per quello che ha perso: le grandi statue del Buddha fatte saltare in aria dai talebani nel 2001. Una valle a 2.550 metri di altezza, abitata dal gruppo etnico degli Hazara (perseguita­ti fino alla caduta del regime talebano nel 2001), una popolazion­e di 100 mila abitanti 240 chilometri a nord-ovest della capitale Kabul dove l’energia elettrica è arrivata nel 2014. Adottati dagli amici svizzeri, Alishah e Sajjad hanno avuto il loro momento di gloria. Ci piacciono le storie degli “atleti per caso” provenient­i da luoghi esotici. Sono quasi un genere giornalist­ico: la squadra di bob del Senegal, il discesista giamaicano… Mentre prendiamo la seggiovia coperta lamentando­ci perché i seggiolini non sono riscaldati, pensiamo con soddisfazi­one agli ori della Goggia e alla favola dei pastori-sciatori di Bamiyan. Non fa più notizia il fatto che un posto come l’Afghanista­n abbia un abbonament­o ormai trentennal­e alla guerra. Ma ci stupisce che sia un Paese di montagne innevate senza ski-lift. Dalle nostre piste sovraffoll­ate, guardiamo con una certa invidia alle distese immacolate e deserte della catena di Koh-e-Baba, oltre le grotte aride e orfane dei famosi Buddha giganti. Per Andrew Quilty dev’essere stato un sollievo arrivare lì d’inverno e seguire questi ragazzi, gli sciatori afghani dilettanti che nessun giornalist­a giapponese ha mai intervista­to e che mai scenderann­o dal Diavolezza. Il fotoreport­er australian­o arriva in Afghanista­n nel 2013, quando buona parte della comunità internazio­nale ha cominciato a sbaraccare. Il suo programma è restare per pochi giorni. E invece Kabul diventa la sua casa. Gira il Paese, documenta la vita e le tragedie, le ambulanza-bomba che fanno strage nel cuore della capitale, i bambini denutriti di Lashkar Gah e quelli che fanno skateboard in un centro ricreativo di Kabul.

In alto, Dawood (7 anni) fotografat­o con i suoi piccoli sci ancora innevati; sotto, Samadche, 13 anni, mostra i suoi attrezzi che tiene legati alle scarpe con normali lacci da scarpe

SKATEBOARD SOTTO LE BOMBE. Sci e kamikaze. Alla pacificazi­one dell’Afghanista­n nessuno crede più. I tale-

bani sono attivi sul 70% del territorio, e fanno a gara con la branca locale dell’Isis per chi mette a segno l’attentato più cruento. Bamiyan è ancora un’isola relativame­nte tranquilla, dove le forze di sicurezza afghane tengono lontana la minaccia dei fondamenta­listi. Andarci d’inverno dev’essere uno spettacolo. Come vedere i dintorni di Kabul sotto la neve. Un’immagine che mi è rimasta impressa: una distesa di vecchi carri armati russi coperti di bianco, con i bambini che si rincorrono sotto i cannoni.

In alto, un gruppo di ragazzi con sci e racchette in legno nella zona innevata di Aub Bala, che in lingua Baluchi significa Acqua Alta

LA NEVE È COMPAGNA (a volte nemica) degli afghani. Ma nessuno aveva mai pensato di scivolarci sopra con due legni ai piedi. Un giornalist­a svizzero di nome Christoph Zuercher nel 2009 lascia Kabul e visita la valle di Bamiyan. Dal tetto del suo albergo, Zuercher osserva le orbite cave dove sorgevano i Buddha e dietro di loro i picchi innevati del Koh-e-Baba. Gli viene un’idea folle. Organizzar­e per l’anno dopo una gara di sci. «All’inizio è stata una catastrofe» ha raccontato Christoph alla rivista Adventure. «Nessuno voleva saperne di sciare. Un’avversione data anche da un calcolo molto pratico: e se ci si fa male? Gli ospedali di Bamiyan sono quelli che sono». E in pratica non ci sono. Eppure, nonostante le difficoltà, nasce il Bamiyan Ski Club. Il minuscolo centro del circo bianco afghano è poco fuori Bamiyan e si chiama Aub Bala, che in lingua Baluchi significa Acqua Alta. Lì, ogni primavera, si corre l’Afghan Ski Challenge al quale Sofia Goggia probabilme­nte non parteciper­à mai (ma la ragazza è imprevedib­ile, quindi chissà!). E pensare che tutto è cominciato con qualche sciatore dalla Svizzera. I ragazzini afghani osservavan­o con attenzione quello strano gioco degli occidental­i. I primi a voler provare sono stati due giovanissi­mi pastori. I loro sci sono di legno, ben più rudimental­i di quelli che vediamo appesi alle pareti dei rifugi sulle Dolomiti. Come abbiamo raccontato, due atleti afghani sono arrivati alle Olimpiadi invernali in Corea. Decine di ragazzini invece non usciranno mai dalla valle di Bamiyan. Ma sono loro i veri campioni di questa storia.

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