Corriere della Sera - Sette

MACCHINE DEL TEMPO

- Ricordi pilotati da Stefano Rodi

Daverio: «Libertà pura fino alla Cappadocia»

PHILIPPE DAVERIO È NATO E CRESCIUTO con il piacere di guidare, ma in Italia glielo stanno facendo passare: «Troppe multe, di ogni genere e tipo, spesso insensate. L’unico Paese buono per le auto è la Germania: ha una normativa coerente. Come nel resto del mondo si vendono modelli che vanno ben oltre i 130 km orari ma lì, almeno in alcuni tratti, si può andare quanto si vuole». Il limite dei 130, dovunque e comunque, secondo lui grida, e attende, vendetta. La ragione è chiara: «Può esserci anche questo patto, a condizione che chi produce modelli che superano quella velocità sia ritenuto criminale, e denunciato per istigazion­e a delinquere. Se è vietato drogarsi, deve essere vietato vendere droga». I primi ricordi automobili­stici, e avventuros­i, sono quelli dei viaggi dall’Alsazia alla Lombardia, sulla vecchia Cadillac del padre, nei primi Anni 50, quando il tunnel del San Gottardo ancora non c’era. Passato lui alla guida, ha esordito nel ‘68 su una 500, in un viaggio fino alla fine della Cappadocia, con fratello, amico, bagagli e «tenda miserabile sul tetto. Libertà allo stato puro. Siamo sbucati in posti dove non era ancora arrivato ancora nessuno». Si erano messi in movimento per trovare tracce di famiglia, passando nel cuore profondo della Romania. «A Bucarest un mio prozio era stato fondatore del liceo francese e altri parenti si erano fermati in quel Paese, dove guardavano la 500 come un’auto del futuro. Lì c’erano Skoda o Wartburg, una 300 di cilindrata, che andava pianissimo e faceva un fumo nero che si vedeva a chilometri di distanza». Dopo tanto tempo, e tante auto guidate, un punto fermo è rimasto: uno stretto rapporto con la guida, «che noi uomini abbiamo da 3mila anni circa, da quando siamo saliti sul cavallo. E poi sul carretto, le famigliari dell’epoca; la biga era la spider». Non vorrà mai auto che si guidano da sole, mezzi orwelliani. «Io voglio continuare ad accelerare in curva, su una strada di montagna».

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R I C O R D I P I LOTAT I DA S T E FA N O R O D I

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