SETTE E MEZZO
Le case chiuse non ridurrebbero lo sfruttamento della prostituzione
Cara Lilli, il 20 febbraio del 1958 veniva approvata la Legge Merlin per abolire le case di tolleranza e rendere più dignitosa la vita delle prostitute. Su quella legge e sulla sua legittimità sono ancora in corso accesi dibattiti. La riapertura delle “case chiuse” potrebbe contribuire alla diminuzione della prostituzione? Sarebbe una nuova occasione per togliere dalle strade numerose donne costrette a vendere il loro corpo? Mirela Nicoleta Filip mirelafilip@virgilio.it
CARA MIRELA, il dibattito nostalgico su quanto i bordelli garantissero una vita più dignitosa alle prostitute è fuori dalla realtà. Il vero business del sesso si è spostato su internet e i quartieri a luci rosse sono diventati in molte città redditizie attrazioni turistiche. La verità – come dimostrano le statistiche – è che quando il meretricio è legale, come in Germania e Olanda, gli affari vanno a gonfie vele. E non credo sia un bene. Quindi “no” allo sfruttamento della prostituzione sia all’aperto che nelle case chiuse. E “sì” alla condanna del sesso a pagamento, come in Francia e in Svezia, dove vengono puniti i clienti e non le “belle di notte”. Ma lei fa bene a indignarsi di fronte al crescente numero di ragazze e ragazzi che vediamo in vendita nelle nostre strade. Molti di loro sono migranti, vittime di organizzazioni criminali senza scrupoli, che con la promessa di un futuro migliore vengono portati in Italia e poi costretti alla schiavitù sessuale. Mai come in questi ultimi anni il traffico di esseri umani associato allo sfruttamento sessuale è diventato un colossale affare. Questo è il problema che dobbiamo risolvere in Italia e altrove. La prostituzione è diventata un effetto collaterale di un’economia globalizzata, dove se non hai nulla da vendere sei morto. Abbiamo qualcosa di meglio da offrire?
Cara Lilli, a Parigi c’è una dura “battaglia” in corso che non interessa solo la capitale francese ma tutti quelli che amano l’arte che nasce in strada. Per la Place du Tertre, me- glio conosciuta come Montmartre, è stato programmato un intervento che andrebbe a rimodulare lo spazio che si contendono i sette ristoranti e 275 artisti autorizzati. Adesso su 700 mq della piazza 150 sono occupati dai pittori che dispongono di 1 metro quadrato in 2. Secondo il progetto di restauro agli artisti andrebbe uno spazio ancora più modesto a vantaggio delle terrazze dei ristoranti. Cosa rende di più in termini di attrazione turistica: gli artisti o i ristoratori?
Nicola Campoli nicolacampoli1967@gmail.com
CARO NICOLA, ho interpellato mio marito Jacques, francese di Parigi. Ha qualche dubbio sul valore artistico dei pittori che installano il loro cavalletto su Place du Tertre, vicino alla basilica del Sacré-Coeur. È portato a credere che oggi nella capitale di Francia la vera arte di strada si trovi nella metro, sulla periph (la tangenziale che circonda quasi tutto il territorio comunale) e nelle banlieue, molto più che a Montmartre o Saint-Germain-des-Prés.