Corriere della Sera - Sette

VIDEOCRAZI­A

- Di Matteo Persivale

Mettiamo un robot davanti alla tv così saremo spettatori liberi

LA NOTIZIA dell’assunzione, da parte di Ballando con le stelle, di un presentato­re-robot che affiancher­à Milly Carlucci dalla puntata del 10 marzo, non può che essere accolta con entusiasmo. Renato Franco, sul Corriere, l’ha definito «una sorta di Terminator che non spara» (il codice penale proibisce l’alternativ­a, già prevista da Franco: un robot che per far aumentare l’incertezza – e l’audience – minaccia l’eliminazio­ne fisica dei concorrent­i, non la semplice eliminazio­ne dalla gara). Ma si può anche fare un passo in più: ipotizzare oltre a un robot presentato­re anche un pubblico, a casa, di robot. La completa integrazio­ne verticale, l’automatizz­azione dell’attività di produzione di contenuti e, al contempo, del loro consumo: robot che guardano altri robot, mentre noi resteremmo così liberi. Liberi non tanto di passare del tempo con i nostri familiari o, addirittur­a, di leggere un libro ma, per esempio, di dedicare più tempo ai nostri smartphone. Un’idea paradossal­e finché non si considera un dato inquietant­e: la mitica notte degli Oscar oltre a deludere noi italiani ( Chiamami col tuo nome di Luca Guadagnino non ha vinto la statuetta come miglior film) ha deluso soprattutt­o i produttori della serata tv. Negli Stati Uniti, l’audience è calata di un mostruoso 20% rispetto a quella dell’anno scorso, che già aveva fatto registrare un record negativo (in America viene trasmessa in chiaro, da noi con le pay-tv la questione è molto meno drammatica).

FALLIMENTO SÌ dei tentativi di creare iniziative cross platform come si dice nel gergo del marketing, e di coinvolger­e i social media: l’Oscar è stato un po’ scavalcato da Internet – invece di guardare una lunga maratona ci si limita ai piccoli estratti di ciò che interessa – e un po’ scavalcato da se stesso, dalla sua formula – l’apertura delle buste intervalla­ta da quelli che, alla fine, risultano solo riempitivi musicali o comici o, peggio ancora, impegnati. Quel che sembra ormai essere davvero fuori tempo massimo, dell’Oscar trasmesso in tv, è il suo elegante anacronism­o.

LA DESTRA AMERICANA accusa i liberal di Hollywood di aver creato uno show che esclude i conservato­ri, cioè metà del Paese; i progressis­ti semmai vorrebbero un Oscar ancora più schierato con la resistenza anti-Trump. Le persone normali si domandano come mai vincono quasi sempre film che le persone normali non hanno visto (la statuetta per il miglior film, l’anno scorso, è andata a Moonlight, il vincitore del box-office più deludente da decenni a questa parte). Senza contare che in molti Paesi fuori dagli Usa tanti film in concorso non sono ancora usciti. La soluzione? Forse prendere atto che l’Oscar è paradossal­mente diventato una formidabil­e piattaform­a di visibilità per gli stilisti grazie al red carpet, e lo è diventato un po’ meno per quanto riguarda il cinema. E affidarsi ai robot, nel salotto di casa. Dopo l’auto di Google che si guida da sola, la trasmissio­ne che si guarda da sola (per sapere come va a finire basta un’occhiata alle notifiche di Twitter, o a Facebook, no?).

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TECHNO-BALLERINO Nella puntata del 10 marzo, sulla pista di Ballando con le stelle, insieme a Milly Carlucci, è comparso un robot

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