Corriere della Sera - Sette

SOGNO DI UNA NOTTE DI PRIMAVERA

Visioni fiabesche con il cambio di stagione

- Di Vivian Lamarque

Dal diluvio universale mi ha salvato un merlo

In una notte piovosa ho udito un volatile fare gli straordina­ri per il corteggiam­ento. E noi? Cosa siamo disposti a fare per reinventar­e il mondo? Vorrei una speranza per i migranti. Non chiamatemi buonista, il lieto fine non esiste solo nelle favole

PRIMA PARTE: PURA CRONACA. Alle due della notte tra il 17 e il 18 marzo 2018, a Milano diluviava. Controllat­e pure. A un tratto, nel diluvio, un canto, proprio un canto. Di merlo. Ma come, sotto gli scrosci questo canta? O che stia lanciando messaggi, dove siete? dove siete finiti tutti? Imprecazio­ni, suppliche, che stia annegando? Scrosci in crescendo e niente, lui canta. Mi affaccio ma non molto, poco, per vedere poco. Guardando meglio, temo di scorgerlo semi-annegato in qualche pozzangher­a, di dovermi mettere l’impermeabi­le sopra il pigiama per scendere a salvarlo (il padre di Rodari per salvare notturname­nte un gattino, in una simile circostanz­a prese la polmonite e morì). Per fortuna non lo scorgo. Niente, non vedo niente, ma continuo a sentirlo cantare imperterri­to sotto il diluvio. Poi il diluvio diventa pioggia, poi pioggia leggera. Poi cessa, solo il merlo continua. Telefonare alla Protezione Animali? E cosa dire? E a quest’ora? Meglio Google. Chiedo « ma i merli cantano anche di notte? » . E in un baleno giunge la risposta di Danilo Mainardi, come fosse ancora tra noi, un suo articolo di qualche anno fa, dove dice che nella stagione degli amori i merli che vivono in quartieri acusticame­nte inquinati, non potendo farsi udire nel frastuono del giorno, lanciano i loro richiami d’amore nel silenzio della notte. Che sollievo. Dunque non è un merlo disperato, è un merlo innamorato. Forse un po’ sgocciolan­te, come il gatto di Audrey Hepburn che fa miao sotto la pioggia in quel film. Fin qui la realtà, tale quale, della notte tra il 17 e il 18 marzo 2018.

SECONDA PARTE FIABESCA: un puro sogno (a occhi aperti). Nella notte l’ annuncio: che la brutta copia del mondo stava per finire. Fra poco avrebbero distribuit­o candidi fogli e, a piacere, matite ben appuntite o penne o pc per iniziare tutti quanti la bella copia del mondo. Alcuni, ritenendo troppi gli errori della brutta, decidevano di ricomincia­re il foglio di bella del mondo da capo. Che bastasse fare tutto il contrario di quanto fatto sinora? Altri cominciava­no a copiare con qualche insignific­ante correzione qua e là. Altri ancora ricopiavan­o tale e quale. Nel frattempo aveva cominciato a diluviare e questo accentuava nei più volenteros­i i propositi per una nuova bella copia bellissima. Come certe prime pagine di quaderni di scuola, belle da dieci e lode (intanto, strano, si sentiva un merlo cantare). Ora il diluvio stava lavando tutto come un matto, al confronto la Svizzera era un dopo-mercato con ovunque rifiuti. Tetti così puliti da luccicare come lune; muri da sembrare nuovi di zecca tanto ne erano scivolati via come sangue morto i graffiti; marciapied­i come tovaglie nuziali, prati prima polverosi ora smeraldini. Poi il diluvio era diventato pioggia, poi pioggia leggera, poi tiepida pioggerell­ina e le persone erano uscite dalle case per farsi smacchiare. Poi era cessata del tutto e le persone si erano stese ad asciugare come panni, come lenzuola.

LIETO FINE (CHI DICE BUONISTA PEGGIO PER LUI). Qualche tempo dopo da una bella copia del mondo spuntò in mezzo al mare un barcone. Provenient­e, era ora, dal Nord Europa, aveva poi lasciato le coste italiane diretto verso quelle africane. Così carico da rischiare di affondare da un momento all’altro, carico di ogni ben degli Dèi, soprattutt­o montagne di acqua e kg e kg e kg di semi e di libri e casette (non popolari) e medicine e di giubbotti antiproiet­tile. E dietro quel barcone, da altre belle copie del mondo, erano spuntati altri barconi, carichi di ex emigranti che non vedevano l’ora di toccare terra, la loro terra, casa casa dicevano, e sulle spalle come le lumache ognuno ne portava una nuova di zecca (non popolare) e dentro c’erano attrezzi da lavoro e dolcezze per i bambinelli e per mogli e madri scialli caldi tipo Armani per le notti fredde stellate e scialli freschi tipo Armani per i loro giorni assetati disperati che mai mai erano stati baciati da qualcosa, né dagli uomini, né dagli Dèi, perché? PS. E a un bambino portarono in dono un merlo (senza gabbia) anzi due, perché nel frattempo, canta e ricanta, aveva trovato l’innamorata.

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 ??  ?? ALLUVIONE Lo Spring Creek esonda sulla Kuykendahl Road a Houston, Texas, nell’agosto 2017
ALLUVIONE Lo Spring Creek esonda sulla Kuykendahl Road a Houston, Texas, nell’agosto 2017
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