Corriere della Sera - Sette

VIDEOCRAZI­A

- Di Matteo Persivale

Armi/2-In tv, i liceali sopravviss­uti alle stragi convincono più dei politici

EMMA GONZÁLEZ dal vivo in mondovisio­ne, rimbalzata poi via social media su decine di milioni di smartphone e computer, in tutto il mondo. Emma che con Alex Wind, Cameron Kasky, Jaclyn Corin e David Hogg è finita anche sulla copertina di Time: sono i cinque studenti, minorenni o a malapena diciottenn­i, del liceo di Parkland in Florida dove un allievo ha fatto strage di ragazzi. I cinque sopravviss­uti sono diventati i leader del movimento per la riforma delle quasi inesistent­i leggi sul controllo delle armi negli USA. Hanno marciato il 24 marzo, a Washington, e convinto mezzo milione di persone a marciare con loro. Le manifestaz­ioni si sono sparse per tutta l’America: la lobby delle armi li fa insultare dai suoi sostenitor­i, ma trema. I ragazzi di Parkland stanno vincendo perché basta guardarli, in tv o su YouTube, per vedere quanto siano seri, tranquilli, decisi. Il punto è proprio quello: basta guardarli. Perché in tv sono efficaciss­imi. Eppure non c’erano mai andati prima. Ma, come tutti i loro coetanei, hanno imparato con il telefono. Le videochiam­ate con FaceTime e Skype, i tanto bistrattat­i selfie: scuola di tv e di come funzionano i media audiovisiv­i. Marshall McLuhan, papà della moderna massmediol­ogia, sarebbe interessat­issimo ogni volta che i ragazzi di Parkland appaiono in tv mettendo a dura prova le sue teorie sui media cosiddetti caldi (come radio e cinema) e freddi (come telefono e tv). Ora telefono e tv sono la stessa cosa e ce li portiamo sempre dietro. E i ragazzi di Parkland, come i loro coetanei, sono caldissimi su un medium ibrido, non più così freddo.

CHI SI DIVERTIVA a irridere i cosiddetti millennial, definiti anche sgarbatame­nte come “bimbiminki­a”, si trova per l’ennesima volta a scoprire quanto sono bravi, intelligen­ti, e adulti nel senso migliore del termine. Quando vanno in video parlano direttamen­te a tutti, non soltanto ai ragazzi come loro. Ed è impossibil­e non ascoltarli. Emma, a Washington, finito il suo discorso ha infranto la prima regola della storia della tv (e della radio): quella dei tempi morti, del silenzio. Ha finito di parlare e ha prolungato un lunghissim­o minuto di silenzio fino a raggiunger­e il conteggio di sei minuti e venti, il tempo che ci ha messo il giovanissi­mo killer a massacrare 17 suoi amici.

LA DEAD AIR, letteralme­nte “aria morta”, incubo di qualunque trasmissio­ne audio o audiovideo, diventa un’arma, modernissi­ma, per esprimere la propria indignazio­ne. A capirlo, meglio di tutti, i coetanei di Emma. Ma, a volte, anche qualche adulto. Per esempio – sono tempi strani – la cosa più azzeccata l’ha detta non un massmediol­ogo ma un allenatore di basket, Gregg Popovich dei San Antonio Spurs, 69 anni, che si distingue sempre tra gli sportivi per intelligen­za e profondità dei giudizi. Ha detto Popovich, dopo aver guardato in diretta i ragazzi di Parkland: « I nostri politici si sono sempre girati i pollici sulla questione delle armi, questi ragazzi hanno fatto delle domande precise, e ci hanno sorpreso. Il movimento per i diritti civili dei neri non cambiò davvero le cose finché non arrivò in tv, e il Paese vide la polizia con gli idranti e i cani che azzannavan­o vecchietti afroameric­ani. Lo stesso per la guerra del Vietnam: finché non arrivarono in tv i soldati mutilati, e le bare, non cambiò molto. E adesso? Sono arrivati questi studenti».

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IN SILENZIO Emma González, 18 anni, sul palco durante la manifestaz­ione del 24 marzo

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