Corriere della Sera - Sette

«Vogliamo tornare al cazzeggio senza responsabi­lità»

- di Vittorio Zincone foto di Massimo Sestini

Un percorso nei luoghi della musica milanese: il fondatore e il bassista di Elio e Le Storie Tese si raccontano, criticano i social («Una grave malattia della società»), i grattaciel­i di Milano e la «foga classifica­trice» dei giornalist­i. Spiegano lo scioglimen­to del gruppo, ma chiariscon­o: «Non andremo in pensione». E annunciano la nuova fase: «Ora vogliamo essere liberi di fare qualsiasi cosa. E la faremo»

APPUNTAMEN­TO A PORTA ROMANA. Elio arriva a piedi, pian piano. Faso in Vespa. Doppio Binario per le strade di Milano con il fondatore e con il bassista della band Elio e le Storie Tese (anche detti gli Elii). I due hanno elaborato per 7 un percorso nei luoghi amarcord della musica meneghina. Ogni tanto si concedono anche come guide turistiche: «Qui sotto ci passano i Navigli... Qui c’era la redazione del Popolo d’Italia, il giornale fondato da Mussolini...». Partiamo dal Mariposa, che oggi è un bar, ma per molti anni è stato un negozio di dischi. Elio e Faso cominciano a raccontare i loro primi ascolti a 33 giri, poi sterzano sul cofanetto che hanno appena stampato gonfio di vinili assortiti (si chiama Arrivedorc­i). Perché il vinile? Elio: «Fruscia, ma si sente meglio. Ci ritrovi suoni che con il digitale avevi rimosso». Parte uno sberleffo garbato di Faso sulle follie digitali ultra hi-tech del mercato: «Ho visto cuffie in circolazio­ne che promettono di afferrare frequenze oltre i 30.000 hertz. Ottime per i cani, quindi». Ogni tanto Massimo Sestini attira la loro attenzione per uno scatto e loro cominciano a fare facce buffe, ingrugnite, sbigottite... Ogni dieci metri qualcuno chiede a Elio un selfie. Faso commenta: «È una turba psichica. Qualcuno dovrà studiare il fenomeno. È pieno di gente che durante i pasti inquadra col telefono il proprio piatto e poi condivide l’immagine». Intuendo

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