VIDEOCRAZIA
La pecora di Sorrentino e il circo di Barbara
UNA PECORA. Una pecora nel salotto di una grande villa in Sardegna. Una pecora che fissa, ovinamente, la tv. La tv trasmette un telequiz, condotto da un simil-Mike Bongiorno. Non c’è sonoro. L’aria condizionata esce sibilando dal condizionatore, con il termostato che diventa sempre più freddo – tre gradi, due gradi, uno… La pecora continua a guardare la tv, come marmorizzata, cristallizzata, la statua di una pecora al cospetto di un telequiz, della valletta, dei concorrenti che si disperano per una risposta sbagliata al finto Mike, sempre senza audio, in un clima sempre più spettrale. Ci voleva un poeta – Paolo Sorrentino: è l’incipit, letteralmente fulminante, del suo nuovo film Loro 1 – per raccontare noi spettatori meglio di un massmediologo.
HO PROVATO un forte senso di solidarietà con la pecora di Sorrentino guardando la seconda puntata del Grande Fratello 15, grande ritorno di Barbara D’Urso (con gli opinionisti Cristiano Malgioglio e Simona Izzo) in uno show che per motivi di esaurimento naturale della formula o di budget (o entrambe le cose) ormai vede come componenti più signitifcativi del cast “il Ken italiano” (un uomo di età volutamente indefinibile che ha fatto larghissimo uso di chirurgia estetica con conseguenze visibili a tutti che lo rendono simile all’omonima bambola plastificata, il marito di Barbie), la figlia di Bobby Solo, la nuora di Gino Bramieri, il fidanzato di Nina Moric e così via. D’Urso fa quello che è abituata a fare, distilla trash con abilità sovrumana partendo tra l’altro da ingredienti obiettivamente molto scarsi (un po’ come quei video in cui lo chef Massimo Bottura cucina utilizzando soltanto avanzi o rimasugli di dispensa): D’Urso trasforma il Grande Fratello – formula che è difficile non considerare alla canna del gas, dopo tutti questi anni – in un circo Barnum della volgarità a malapena controllata da Barbara-domatrice, il gioco delle coppie non funziona particolarmente bene e si teme che presto finisca tutto in rissa pur di riempire le lunghe ore (a me sono sembrati giorni) di trasmissione, fino a tarda notte. D’Urso, che usa lodevolmente i social media e lo fa con vigore, ha ringraziato gli spettatori via Twitter e Instagram per il 20% di share senza notare però che una replica di Montalbano – una replica! – ha fatto il 27%.
UN PO’ COME QUEI POLITICI in difficoltà che, in campagna elettorale, quando non hanno più argomenti nuovi gettano abbondante carne cruda nelle fauci della loro base elettorale, D’Urso dà alla sua base quello che vuole, cioè la caciara. Strada pericolosa perché non dà nessun motivo al resto della popolazione del pubblico televisivo di guardare il suo GF: ho parlato una volta sola, e per meno di un minuto, a D’Urso e non ho idea se si tratti di una persona cinica ma è giocoforza cinico il tentativo di trasformare un programma stanco, strutturalmente (e non è colpa sua) in una specie di macchina da “meme” dei social media, gettando carne da macello su internet sperando che chi guarda la tv per sentirsi superiore (ma a chi? A che cosa?) si sintonizzi su un programma che per come è volutamente strutturato farebbe sentire superiore anche la pecora sarda di Sorrentino. È una scommessa da giocatore d’azzardo incallito, quelli che quando perdono passano subito alla mano successiva e fanno finta di niente: il primo fu Corrado che con la sua Corrida dei dilettanti allo sbaraglio inventò la tv della gogna per gli incapaci, o meglio capaci soltanto di far sentire superiore chiunque li vedesse. Secondo molti, l’imbarbarimento della tv italiana cominciò lì.