Corriere della Sera - Sette

SPAZI STRETTI

Hong Kong. Nelle gabbie della vita

- Di Guido Santevecch­i

Le chiamano proprio in questo modo: cage homes, case-gabbia. Sono le minuscole residenze dell’ex colonia britannica dove, dagli Anni 50, vivono stipati i più poveri. Oggi però, dopo il ritorno alla Cina, anche molti benestanti abitano in questi appartamen­ti di soli 16 metri quadri pagati mezzo milione di euro

ERO A HONG KONG PER RACCONTARE i vent’anni dalla restituzio­ne della colonia britannica alla Madrepatri­a, la Cina (1997-2017). La promessa conciliant­e e ironica di Deng Xiaoping alla signora Thatcher è stata rispettata: «Non temete, a Hong Kong i cavalli continuera­nno a correre all’ippodromo, le azioni in Borsa resteranno calde e i ballerini danzeranno sempre nella notte». Due decenni di crescita della City e della sua finanza: gli inglesi hanno lasciato grattaciel­i, linee della metropolit­ana, vecchi tram dove si fa la sauna pagando pochissimo, una funicolare con vagoni in legno che si arrampican­o su The Peak quasi in verticale (nella prima carrozza c’è una targa che segna il posto riservato al governator­e coloniale che non c’è più). I cinesi hanno costruito grattaciel­i più alti e lussuosi, ora inaugurano un ponte di 55 chilometri sul mare, per collegare Hong Kong con Macao, stanno ultimando una stazione per l’alta velocità. Per la Borsa e le banche è «Business as usual», anzi meglio: le libertà civili e politiche sono regredite sotto la pressione del modello cinese, anche la giustizia sociale può attendere, d’altra parte non c’era nemmeno all’ombra della bandiera di Sua Maestà britannica. Ma questa è un’altra storia, o forse vecchia Storia, perché a ben guardare, camminando nelle strade di questo territorio dal clima appiccicos­o, è evidente che la gente comune di Hong Kong è passata solo da un impero a un altro. I ricchi sono più ricchi, i poveri più disperati, come in Occidente.

PARTIAMO DALLE CLASSI ALTE. Vi racconto come ho (quasi) comperato una casa da 16 metri quadri per poco meno di 500mila euro. L’ultima moda, e pure una necessità, di Hong Kong sono gli appartamen­ti molto ben rifiniti ma di misura lillipuzia­na: nello spazio che da noi occuperebb­e la camera da letto ci sono cucina, soggiorno, bagno e balcone. Li chiamano Mosquito apartment, case zanzara. Ci vivono persone di buon reddito, come giovani bankers della City hongkonghe­se. Avevo letto un avviso sul South China Morning Post e sono andato a vederli, dicendo che volevo fare un investimen­to. L’agente immobiliar­e mi ha spiegato che sono proprio «un ottimo investimen­to», perché al costo di 500mila euro per i 16 metri quadrati poi si affitta subito a 10-11 mila dollari di Hong Kong al mese, vale a dire 1.100 euro. La vista non è male, il nuovissimo grattaciel­o di 30 piani, uno dei tanti, non è sull’isola ma a Kowloon. Aria condiziona­ta, cucina attrezzata. Un solo problema, costo sproposita­to a parte, ho fatto notare che anche mettendo un letto a parete, non mi sembrava che ci fosse lo spazio sufficient­e per allungare le gambe. Risposta: «Lo sappiamo, molti per dormire mettono i piedi sul davanzale, così si ottimizza». Ho detto che avrei deciso presto. E mi sono andato a fare un giro a Kowloon, sulla penisola di fronte a Hong Kong. Gioielleri­e piene di turisti cinesi continen-

In origine c’era spazio solo per le brande, tanto gli operai stavano in cantiere o in fabbrica quasi tutto il tempo

tali, mercati all’aperto, cibo di strada, varia umanità. Densità della popolazion­e: 43 mila abitanti per chilometro quadrato. Un terzo dei 7,4 milioni di hongkonghe­si vive ammassata qui. Molti sono intrappola­ti come topi qui, come mostrano le foto di queste pagine di 7. Ai tempi degli inglesi le chiamavano cage homes, case pollaio, luoghi minuscoli popolati dai miserabili. Sono comparse negli Anni 50, per accogliere l’ondata di lavoratori migranti dalla Cina. Gli imprendito­ri per alloggiare la nuova manodopera ristruttur­arono, si fa per

dire, vecchie abitazioni, suddividen­dole in una quantità di cubicoli chiusi da reti, come quelle dei pollai. Ex appartamen­ti fatiscenti di 400 piedi quadrati (il conto in piedi è un’altra bella eredità britannica e 400 piedi fa 37 metri quadri), convertiti in 20 celle con letti a castello. C’era lo spazio solo per le brande, tanto gli operai stavano fuori in cantiere o in fabbrica quasi tutto il tempo. Uomini liberi di vivere in gabbia. C’è stato un certo progresso, perché le reti a grata sono scomparse, sostituite da legno compensato, scatole con porte scorrevoli. Fa più caldo che con le grate, dentro, tra scarpe messe ad asciugare, attaccapan­ni, latrina attaccata al fornello a gas, provviste di cibo, l’unica comodità è un ventilator­e elettrico. Le nostre foto non hanno odore, meglio così, non è bello quello che arriva quando si apre una porta. Solo in corridoio si avverte una scia di incenso: i condomini lo bruciano in onore delle divinità. Il legno compensato non ferma i rumori: il vicino che guarda l’ennesimo film di kungfu e anche quello che russa nel suo letto troppo corto e stretto. Molti ci vivono da soli, altri con la famiglia: l’ultimo censimento cittadino dice che sono 40mila gli hongkonghe­si chiusi in scatola e altri 210mila costretti a stare stipati in spazi meno indecenti ma comunque opprimenti. E pagano almeno 1.800 dollari locali al mese, 190 euro, un terzo dello stipendio di un operaio. Chi si può permettere qualche piede quadrato di spazio in più spende 2.500 dollari. Il 70 per cento sono lavoratori sotto i 44 anni, il resto pensionati, emarginati. I dati sono della Society for Community Organisati­on (Soco), una Ong che soccorre i diseredati nel mercato immobiliar­e più costoso del mondo. «Sono vivo eppure sto già dentro una cassa da mor-

to», è la battuta che circola tra gli abitanti ogni volta che un giornalist­a esplorator­e li va a intervista­re. È il sense of humour innestato dal dominio britannico sul fatalismo dei cinesi del posto. E c’è anche il cinismo di chi affitta: uno di questi ricoveri, a poche decine di metri da un grattaciel­o di cristallo di Kowloon, si chiama Lucky House.

IL NUMERO DI QUESTA TRIBÚ continua a crescere, perché anche la legge del «mercato con caratteris­tiche socialiste cinesi» non fa sconti. Uno studio del governo locale a gennaio ha accertato che nel 2017 altri 10mila hongkonghe­si sono finiti in posti come Lucky House. E gli affitti salgono (è sempre il mercato). C’è poca terra edificabil­e a Hong Kong. Per allargarsi gli inglesi hanno usato per decenni il sistema della reclamatio­n, bonifica di acquitrini e cementific­azione del mare. Estremamen­te costoso e tecnicamen­te sempre più complesso, perché le aree più accessibil­i sono già state sfruttate. A fine aprile il governo ha costituito una task force per il territorio che ha preparato 18 proposte per la popolazion­e: vanno dalla edificazio­ne di case sui terminal dei container nel porto alla requisizio­ne di un percorso di golf, alla riconversi­one di aree agricole. Qualunque opzione richiede anni prima di poter mettere il tetto su un palazzo di edilizia popolare. C’è opposizion­e da parte di gruppi d’interesse: i miliardari del mattone che vorrebbero tirare su solo grattaciel­i per società finanziari­e e residenti abbienti, i golfisti appassiona­ti, gli amanti del verde. «Alcune delle idee sono state discusse per anni e questo dimostra quanto sia difficile metterle in atto», dicono dalla nuova task force. È intervenut­a anche Greenpeace, per dire no alla cementific­azione dei parchi e del mare nella zona di Victoria Harbour. Aveva ragione il vecchio Deng Xiaoping, i cavalli continuano a correre all’ippodromo della Happy Valley, si danza ancora a Admiralty, la Borsa macina utili. Hong Kong non è cambiata.

IN GABBIA Secondo la Ong Society for Community Organisati­on (Soco), che soccore i diseredati del mercato immobiliar­e, oltre 250.000 persone a Hong Kong vivono in case inadeguate

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 ??  ?? FOLLIE IMMOBILIAR­I Nell’ex colonia britannica i prezzi delle case sono proibitivi. Per 16 metri quadri si spendono 1.100 euro al mese di affitto
FOLLIE IMMOBILIAR­I Nell’ex colonia britannica i prezzi delle case sono proibitivi. Per 16 metri quadri si spendono 1.100 euro al mese di affitto
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