Lindsey Jordan, la predestinata del rock
SE LA ASCOLTI, SE LA VEDI, LO CAPISCI. Lindsey Jordan è una predestinata. Per dirla con il sito italiano di Rolling Stone: è «la nuova speranza del rock». Diciannove anni, vita e famiglia a Baltimora (in Maryland), questa ragazzina che suona la chitarra con una naturalezza che conquista, ha deciso che la musica sarebbe stata la sua vita quando aveva cinque anni. Il suo punto di riferimento? Avril Lavigne. Ascoltava lei e pensava: posso farlo anch’io. E, manco a dirlo, l’ha fatto. Ha chiesto in regalo una chitarra – a cinque anni appunto – e da allora ha passato ogni santo giorno in camera sua a studiare.
A QUINDICI ANNI il primo tour, chiamiamolo così, di serate fai-da-te e la prima firma su un Ep autoregistrato ( Sticki) che si è divertita a far conoscere in piccoli locali assieme alla sua band, Snail Mail. A 16 ha pubblicato Habit (Ep in cassetta) e poche settimane fa il suo primo album, Lush, nel quale si parla di sentimenti che sanno di adolescenza, di amicizie, di omosessualità, e con il quale lei fa coming out. «La Jordan è un piccolo fenomeno della chitarra» scrive sempre Rolling Stone nella recensione di Lush. «Ha studiato con Mary Timony degli Helium e Katie Crutchfield dei Waxahatchee, ma fondamentalmente se ne frega dei virtuosismi, si concede al massimo il bell’arpeggio di Let’s Find An Out. La sua capacità di stare dentro il brano e non davanti ha un che di prodigioso, così come i suoi racconti di brutti amori, brutte feste, solitudini enormi. E se Pristine sarebbe da mettere in rotazione continua nella testa di chiunque abbia voglia di scrivere indie rock, Lush si concede anche episodi più meditativi, come la doppietta in chiusura Deep Sea/Anytime, con tanto di corno francese». Lindsey, la chitarrista che va fiera del suo essere ragazzina, oggi è sulla rock & roll highway e ha avuto il suo momento al Coachella con Angel Olsen, per dire.
DIFFICILE VEDERLA SORRIDENTE nelle fotografie. Nemmeno quando a dedicarle lunghi servizi o interviste sono grandi quotidiani come il New York Times o l’Independent. In una di quelle interviste spiega che all’inizio prese lezioni di musica classica e che però ben presto quella strada portò altrove e gli stili si moltiplicarono, dal rock al jazz con la banda della scuola. «Cominciai a scrivere musica che avevo 12-13 anni» dice. Non si definirebbe mai “un prodigio”, «perché ho davvero un bel po’ da imparare e penso che quella parola si possa dire di pochi nel mondo della musica».
A SCUOLA LINDSEY era la sola ragazza nella squadra di hockey su ghiaccio. Gliel’hanno fatto notare spesso come se quella fosse in sé un’impresa di cui andare fiera come donna. Ma lei ha sempre risposto che non si è mai posta la questione. Non rappresentava l’emancipazione delle donne allora e non la rappresenta oggi, con la sua immagine di donna rock. «Sono semplicemente me stessa. Sono una chitarrista e una giocatrice di hockey» . In campo non ha lasciato segni particolari, sul palco invece tanti sono pronti a giurarlo: ne lascerà. È una predestinata. Lindsey Jordan, 19 anni, racconta di aver iniziato a scrivere musica già a 12-13 anni