Così il porno educa i ragazzi
In famiglia si parla poco di sesso e a scuola non si fa abbastanza educazione. Nessuno instaura con gli adolescenti un dialogo aperto sull’argomento. I siti di pornografia prendono il posto di genitori e insegnanti e attraverso il web i più giovani apprendono pratiche sbagliate: come il sesso non protetto, l’approccio brutale e il gusto per l’estremo
HO SCOPERTO COME il genere umano perpetra la sua esistenza quando avevo nove anni. Avevo sentito parlare dei preservativi in televisione, non capivo cosa fossero e chiesi chiarimenti a mia madre. Lei mi rispose fornendomi i rudimenti essenziali e mi liberò dal giogo culturale della cicogna o del cavolfiore. Lo chiesi a lei perché non avevo Google, naturalmente. Non esisteva ancora l’onnisciente puericultrice digitale, dalla quale apprendere (senza analisi, senza guida e senza imbarazzo) qualunque cosa. Da allora, per quanto mi dolga ammetterlo, è passato molto tempo e mi sono chiesta: come siamo messi oggi? Chi si occupa dell’educazione sessuale dei giovani italiani? Il professor Emmanuele Jannini, specialista andrologo, docente all’Università degli Studi di Roma Tor Vergata, mi spiega che l’agenzia
fondamentale preposta alla sessualità giovanile si chiama YouPorn. D’altra parte, osserva, nell’università italiana non si insegna la sessuologia, nella facoltà di medicina non si parla di sesso e nella facoltà di psicologia raramente si insegna la psicopatologia del comportamento sessuale. Non possiamo lamentarci o stupirci del fatto che i giovani, o chiunque abbia bisogno di capire qualcosa della propria sessualità, si rifugi prevalentemente online. Il dato non è positivo, conclude Jannini, perché la vita sessuale è un aspetto fondamentale della salute generale e in quanto tale deve essere trattata. Silvia Ursoleo, psicoterapeuta e sessuologa di una delle sedi dell’Aied – Associazione per l’Educazione Demografica (una rete di consultori di natura laica presente in tutta Italia da circa 70 anni) –, mi confessa: «Un tempo facevamo educazione sessuale nelle scuole, oggi no, non ci vogliono più». Ne parlo anche con Marcello (che preferisce mantenere il riserbo sul suo cognome), docente di lettere a Milano, uno che ha scelto di insegnare negli istituti tecnici e professionali perché «è lì che c’è più bisogno di noi». Marcello conferma che nella scuola italiana non si fa nulla in termini di educazione sessuale e sentimentale. Gli chiedo se non siano previsti degli incontri con esperti esterni, corsi pomeridiani di Alfabetizzazione Sessuale o di Educazione al Consenso, come succede in molti college anglosassoni. No. Non c’è nessuno che apra una conversazione con i più giovani sul sesso, sulla prevenzione, sulla contraccezione, sul consenso, sulla tolleranza, sull’elaborazione del rifiuto, sui diversi orientamenti sessuali e sui pregiudizi di genere.
IN UN’EPOCA IN CUI TUTTI (in particolar modo i più giovani, come dimostrano le statistiche del sito Pornhub) abbiamo un accesso illimitato alla pornografia, nessuno instaura con i ragazzi un dialogo aperto, schietto e contemporaneo sul sesso. La sola base su cui essi possono sviluppare un immaginario sessuale è la pornografia. Ci sono delle conseguenze? Innanzitutto bisogna chiarire il contesto culturale di riferimento, capire cosa sia il porno oggi e quanto pornificata sia la nostra società. I docenti e ricercatori universitari Claudia Attimonelli e Vincenzo Susca hanno scritto, a riguardo, un bellissimo saggio intitolato Pornocultura. Analizzano, con lucidità e imparzialità, il sottobosco incandescente e digitale, surrogato e feticista, in cui l’immaginario sessuale si sta dissolvendo e frammentando. «Il web a luci rosse è il luogo dell’educazione sessuale nell’era della pornocultura», dichiara Susca. «Ne consegue una disinibizione generale dell’immaginario e
Una donna osserva l’opera Made in Heaven dell’americano Jeff Koons esposta al Guggenheim Museum di Bilbao. L’artista statunitense ha più volte affrontato esplicitamente il tema del sesso nei suoi quadri e con le sue installazioni
dei costumi sessuali, la diffusione di pratiche del piacere sempre più estreme, voluttuose ed eterodosse». «Il sesso diluisce il suo fascino» continua Attimonelli, «appare meno interessante e la precocità del consumo pornografico segna il trionfo, e al tempo stesso la fine, della pornocultura».
QUANDO CHIEDO loro di spiegarmi, in parole semplici, cosa bisognerebbe fare, mi rispondono che bisognerebbe imparare ad affrontare questi argomenti nelle scuole e nelle famiglie, delinean- do ai ragazzi altre possibilità di esperire il piacere e chiarendo loro che ci sono modi diversi e alternativi di fare l’amore. Più facile a dirsi che a farsi. Tuttavia, se l’unica fonte da cui i ragazzi attingono le loro conoscenze sul sesso è la pornografia, dobbiamo chiederci quali codici e quali insegnamenti ne traggano. Allo stato attuale, il porno inscena spesso un immaginario punitivo, brutale, vendicativo ( revenge-porn), con un punto di vista che è letteralmente maschile. La donna è sempre slut, whore, bitch, chick, doll (di facili costumi) e
quasi sempre viene destroyed, banged, fucked in her whatever (distrutta, pestata, usufruita nei vari orifizi, anche in gruppo); oppure viene picked-up, cioè rimorchiata per strada in cambio di qualche banconota; o, in alternativa, molestata e abusata in un fake taxi, in un fake hospital o durante un fake casting. Si badi: non mi trastullo con la terminologia tecnica per sconvolgere e disturbare. Lo faccio perché queste sono le parole che i nostri adolescenti leggono online.
MENTRE I GENITORI ripongono le proprie speranze nel parental control, ignorano che i figli il porno non solo lo conoscono già, ma probabilmente lo girano, o lo gireranno a breve, con gli smartphone che hanno regalato loro a Natale. C’è chi coglie il senso del proprio tempo, come Erika Lust, che è una regista erotica indipendente, spagnola, madre di due figlie. Lust rivendica la necessità di un porno nuovo, fondato su una prospettiva di genere equilibrata. Soprattutto, un porno intento a mostrare i principi che sono la base di una sessualità corretta: il rispetto, la connessione, il consenso.
Lo scorso febbraio il New York Times ha pubblicato un’inchiesta sul rapporto tra adolescenti e pornografia, secondo la quale i giovani americani pensano che alle ragazze piacciano i tipi dominanti e che per loro qualunque pratica sia ammessa, persino gradita: soffocamenti, capelli tirati, sesso anale, sculacciate, penetrazioni multiple, tracheoscopie falliche, eiaculazioni pirotecniche e molto di più. E se vero è che siamo tutti liberi di fare e guardare quello che ci pare, è anche vero che stiamo parlando di minori. È probabilmente una sfortunata coincidenza, ma in questi anni assistiamo a un crescente ricorso alla chirurgia intima per rifarsi la vulva, che deve (pure quella) conformarsi a uno standard dominante, risultare ideale (per chi, poi?) e presentarsi il più possibile giovane (e depilata) proprio come quella d’una bambina. Spesso, questi interventi,