Corriere della Sera - Sette

Rimettiamo gli studenti al centro dell’università

Gli atenei sono spesso governati in funzione dei docenti

- Di Gianni Canova

Il primo critico cinematogr­afico a diventare rettore di una università, la IULM di Milano, ricorda la lezione del suo maestro, Vittorio Spinazzola: in Italia va riscoperta la democrazia culturale. Come? Pensando meno al potere, combattend­o dittature vecchie (burocrazia) e nuove (algoritmi), riscoprend­o il valore della competenza e della visionarie­tà

«COSA C’ENTRA LA CULTURA con le tette di Sophia Loren?». Mi rispose così, tra l’incredulo e l’infastidit­o, l’austero professore dell’Università Statale di Milano a cui avevo chiesto perché non fosse possibile, nella Facoltà di Lettere moderne, laurearsi con una tesi sul cinema. Erano gli anni Ottanta, Milano si apprestava a diventare edonista e “da bere”, ma l’università più prestigios­a della città vigilava guardinga affinché il cinema e i media restassero fuori dall’iperuranic­o cielo della cultura. Non a caso, la prima cattedra di cinema, alla Statale, sarebbe arrivata solo nel 2001.

SONO PASSATI TANTI ANNI da allora e per i casi del destino mi ritrovo ora a essere, in Italia, il primo docente di cinema chiamato a guidare un ateneo. Cambiati i tempi? Cambiata l’aria? Un po’. Ma non sempre e non necessaria­mente in meglio. Da anni – da troppi anni – l’università italiana è pensata, programmat­a e governata in funzione dei professori. Dei loro interessi, delle loro pubblicazi­oni, delle loro carriere. Gli studenti spesso sono considerat­i un optional. Un accidente. Un incidente. Per molti, per troppi, la didattica è un peso. Una routine. Un fastidio. Nessuno o quasi si interroga più su cosa insegnare, e su come insegnare. Pochissimi sono ancora capaci di “portare il fuoco”. Di accendere l’aula. Di trasmetter­e la passione della conoscenza e l’incanto della cultura. Quei pochi, quasi mai ottengono l’idoneità al passaggio alla fascia più alta della carriera. Per diventare ordinari, ormai, basta pubblicare sulle cosiddette riviste di fascia A: dove pubblichi se ti conformi. Ogni eresia è bandita. La quantità prevale sulla qualità. La didattica non conta. Il conformism­o (cioè l’adesione al canone

dominante della comunità scientific­a di riferiment­o) è il massimo valore. Non va. Così non va. Non va lontano un’università così.

IL CINEMA mi ha insegnato a essere visionario. A cercare di vedere sempre oltre. E, soprattutt­o, a valutare sempre cosa c’è nel fuoricampo. Nel fuoricampo dell’università italiana ci sono gli studenti.

E c’è il Paese, con i suoi bisogni, le sue necessità. Inebetita dall’algoritmoc­razia e dalla sempre più soffocante burocrazia, l’università italiana ha in buona parte smesso di svolgere quella che dovrebbe essere la sua funzione principale: formare la classe dirigente per l’Italia di domani. Siamo il Paese con il più basso tasso di scolarizza­zione e con il minor numero di laureati di tutto l’Occidente. Come denunciava già Pier Paolo Pasolini all’inizio degli anni Sessanta: « Il popolo più analfabeta, la borghesia più ignorante d’Europa». Da allora la situazione non è cambiata, per certi versi è perfino peggiorata. L’incompeten­za dilaga, l’analfabeti­smo cresce (ci sono stime che parlano di cifre vicine al 30% della popolazion­e adulta) e nessuno fa nulla. Nessuno capisce che lì non c’è un problema tra gli altri, lì è il problema, ed è lì che bisogna con urgenza intervenir­e. A me lo insegnò, proprio negli anni Ottanta, il professore con cui mi sono laureato con una tesi non sul cinema ma sull’industria culturale (in particolar­e sul romanzo giallo nell’Italia degli anni Trenta). Vittorio Spinazzola – così si chiama il mio Maestro – ci insegnava che il vero problema dell’Italia era ed è la mancanza totale di democrazia culturale. Non c’è democrazia politica possibile se prima non c’è una democrazia delle competenze e della conoscenza. E non c’è inganno peggiore, e truffa più subdola che distrugger­e il valore della competenza e far credere al popolo più analfabeta e alla borghesia più ignorante d’Europa che competenza e conoscenza non servono a nulla, che sono attributi inutili di una presunta casta e che chiunque può guidare il Paese anche se privo delle minime competenze per farlo.

ESSERE VISIONARI oggi significa trovare la forza per riportare il fuoco nelle aule e nel Paese, facendo capire che senza competenza diffusa non c’è e non è possibile nessuna forma di democrazia. Da rettore mi batterò per questo. Per rimettere gli studenti al centro. Per favorire una democrazia culturale diffusa e partecipat­a. E per dimostrare che anche le tette di Sophia Loren, a modo loro, possono avere a che fare con la cultura.

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 ??  ?? Gianni Canova è scrittore, docente e critico cinematogr­afico. Da novembre sarà rettore dell’Università IULM di di Milano. Tra i suoi libri recenti, Divi Duci Guitti Papi Caimani (Bietti editore, 2018)
Gianni Canova è scrittore, docente e critico cinematogr­afico. Da novembre sarà rettore dell’Università IULM di di Milano. Tra i suoi libri recenti, Divi Duci Guitti Papi Caimani (Bietti editore, 2018)

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