Corriere della Sera - Sette

«Aiutiamoli a casa loro!» Ma i politici vogliono farlo davvero?

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«DOVREMMO SMETTERLA di considerar­e il fenomeno delle migrazioni come temporaneo. Loro partono da quattro Paesi del Centro Africa, andiamo a capire chi attraversa il deserto e perché». Le parole che il Procurator­e della Repubblica di Catanzaro, Nicola Gratteri, ha detto in un’intervista a Giorgio Gandola de La Verità sono puro buonsenso. Sono anni che ogni nave, gommone, scialuppa diretta verso l’Italia e l’Europa è vissuta come un’emergenza immediata da affrontare al momento. Senza la consapevol­ezza che non sarà l’ultima e neppure la penultima o la terzultima perché da troppi Paesi continuera­nno a partire, partire, partire…

«Un dollaro in Europa vale otto dollari in quegli Stati», spiega il magistrato, «avremmo risposte positive mandando imprese italiane, tedesche, spagnole a costruire strade, scuole, aziende agricole, pozzi, impianti fotovoltai­ci. Non possiamo pensare all’Africa sempre e solo come una mucca da mungere. Petrolio e diamanti. Nessuno lascia il proprio Paese senza motivo, il luogo più bello del mondo è dove si nasce».

PURO BUON SENSO. Solo se tutta l’Africa ce la farà a tirarsi fuori dalle condizioni spesso disperate in cui in larga parte si trova sarà possibile, e purtroppo in tempi non brevi, arginare l’ondata migratoria. Ma la domanda è: chi si riempie la bocca dello slogan Un pozzo nel villaggio di Azel, nord del Niger, nel cuore dell’Africa auto-assolutori­o «aiutiamoli a casa loro» ha poi la volontà concreta di «far seguire alle parole i fatti», come ripete Matteo Salvini? Davvero arriverà a stanziare «almeno un miliardo per il sostegno all’economia e al lavoro in quei Paesi» in gravissime difficoltà? Davvero «quello che non ha fatto il Pd in anni di governo lo farà la Lega», come ha promesso il ministro degli Interni a Sky Tg24?

I diffidenti qualche buona ragione ce l’hanno. Dopo esserci impegnati molti anni fa, come tutti i Paesi più ricchi, a versare lo 0,70% del Pil non abbiamo mai mantenuto la promessa. Mai. Dopo avere raggiunto il massimo storico dello 0,34 nel 1992, ventisei anni fa, il nostro impegno con la comunità occidental­e e con i Paesi poveri è via via sceso, anche per colpa di troppi scandali, sempre di più.

Ricordate cosa disse Silvio Berlusconi nel settembre del 2001 a Padova, dopo aver formato il governo insieme con la Lega? «Ho avuto un momento di crisi al G8 di Genova, quando risultò che l’Italia era ultima, dopo cinque anni di governo della sinistra, negli aiuti ai Paesi poveri, con lo 0,13% del Pil invece dello 0,70% che gli Stati dell’Occidente si erano impegnati a versare…».

INDIGNAZIO­NE SANA. Quattro anni dopo, però, calcolando che parte degli «aiuti» andavano messi nella casella della cancellazi­one del debito di vari Paesi in via di sviluppo (soldi di fatto inesigibil­i: di fatto già perduti) lo 0,13 scenderà allo 0,11. Minimo storico. Sempre con lui e la Lega al governo. Su un punto però il Cavaliere, che al G8 dell’Aquila avrebbe poi bacchettat­o gli altri leader dicendo che «dovremmo puntare all’1%, altro che lo 0,7%», aveva ragione in quel 2001: aiutare a crescere i Paesi poveri «non è solo un atto di generosità». Se l’Occidente garantisse loro «un minimo di benessere, un minimo di possibilit­à di istruire i loro figli, di combattere le più importanti malattie, un minimo di possibilit­à di vita degna di un essere umano, avremmo meno immigrazio­ne» e meno malattie e meno tensioni e meno spazio per i fondamenta­listi islamici…

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