Il migliore della settimana: Fabio Castano, 35 anni
MENTRE IL GATTO mi chiede a gran voce una razione di coccole, io penso a Fellini e c’era da aspettarselo. Non è per la facile assonanza Fellini–felini che ho unito le due immagini, anche se il Maestro Federico me lo sono sempre immaginato come un gatto della cinematografia: scaltro, acuto, solitario, flessibile, adattabile. In questo agosto ho deciso di viaggiare così: immergendomi dalla testa ai piedi nel talento del grande riminese, inventore di parole, luoghi dell’anima, gesti, modi di dire. E allora sono partito proprio da Rimini, da quei Vitelloni che, come i ragazzi d’oggi, fanno fatica a vedere una meta. Dall’Alberto Sordi che si sporge dal tettuccio dell’auto e, sprezzante, lancia una pernacchia e fa il gesto dell’ombrello ai «Lavoratori» a lato della strada. NEL MIO VIAGGIO estivo ho seguito la
Cabiria – Giulietta Masina nelle notti delle periferie romane, quando incontra Amedeo Nazzari e sogna con lui una vita migliore.
L’ho vista cadere e rialzarsi, cadere ancora, rialzarsi ancora, in un esercizio di resilienza (termine oggi così in voga) che è sintetizzato nel suo sguardo finale in macchina: un inno alla vita.
A Roma son rimasto invischiato nella Dolce Vita del reporter Marcello, un Ulisse alla deriva nella decadenza romana Anni 60, con la bellezza lattea di Anita Ekberg che dalla Fontana di Trevi lo chiama, come una sirena: «Marcello, come here!».
Mi sono immerso, in una sera afosa, nella crisi umana e artistica del regista di 8½ che alla conferenza stampa tanto attesa da tutti, con la struttura scenica alle spalle per il lancio del razzo, cerca di scappare dalle pressioni nascondendosi sotto un tavolo. Poi ho partecipato al girotondo finale: il più famoso della storia del cinema.
Son tornato a Rimini nei ricordi di Amarcord, con la Gradisca, la tabaccaia dal seno gulliveriano e lo zio matto, Ciccio Ingrassia, che si arrampica sull’albero a gridare per tutto il giorno: «Voglio una donna!».
A ottobre saranno venticinque anni che Fellini è partito: dico partito perché uno così cambia solo di stanza, non può mica morire.
IN QUESTO AGOSTO Federico Fellini ed io abbiamo fatto un viaggio insieme: ho conosciuto meglio il coraggio di un talento in grado di esprimere, senza ripensamenti, tutta la sua forza creativa. Mentre il gatto è salito sul divano e si sta prendendo le agognate carezze, sta per finire La voce della luna con il sussurro del Roberto Benigni–Ivo Salvini: «Eppure io credo che se ci fosse un po’ più di silenzio, se tutti facessimo un po’ di silenzio, forse qualcosa potremmo capire». Grazie per questa estate e per il passaggio tra i tuoi sogni, Federico.
8½