Corriere della Sera - Sette

Il nuovo modello italiano è il Cremlino di Putin?

- Setteemezz­o@rcs.it

Cara Lilli, quasi all’unisono la stampa non lascia scampo

alla nuova maggioranz­a insediatas­i da tre mesi con un consenso popolare non indifferen­te. Perché non le diamo tempo di lavorare e dimostrare se sono solo chiacchier­e? Non sono un grande estimatore di questi nuovi governisti ma potrei fidarmi. Credo che ci mettano onestà, buona volontà e prospettiv­a per ottenere almeno qualche risultato. Intaccare il 2.4% del Pil non è una catastrofe. Mandiamo in pensione persone per assumere giovani e restituiam­o dignità agli italiani che di finti migranti ne hanno visti fin troppi.

Roberto Ciompi ciompirobe­rto@gmail.com

D’ACCORDO,

caro Roberto, proviamo a capire di che pasta sono fatti i nuovi governanti lasciandol­i lavorare e augurandoc­i che riescano a passare dalla parole ai fatti. Sto parlando delle promesse di sconfigger­e la povertà, ridare dignità al lavoro, garantire sicurezza (e forse anche decoro) alle nostre città, creare occupazion­e per i giovani mandando in pensione i loro padri. Nessuno dovrebbe essere così stolto da augurarsi il fallimento di un programma simile. Ci sono tuttavia scelte politiche che non hanno bisogno di tempo per essere giudicate. Vediamo quanto sia forte, nella nuova maggioranz­a, la tentazione di tornare alla sovranità monetaria e la voglia di rinunciare al progetto di un’unione politica degli europei. Dalla compagine governativ­a arriva tutti i giorni una dichiarazi­one di sfida, disprezzo, ostilità verso l’Europa e le sue istituzion­i. Il modello sembra non sia più l’Unione dei popoli del Vecchio Continente ma il Cremlino di Putin. C’è un preoccupan­te disprezzo per i diritti della libera informazio­ne. C’è la destra del governo che milita contro le conquiste civili, e in particolar­e quelle delle donne. C’è molta retorica e un eccesso di arroganza. Ma forse mi sbaglio.

Cara Lilli, molto è stato detto sulla parabola di Asia Argento

da vittima a carnefice, ma due torti non fanno una ragione. È assurdo screditare un movimento che ha messo in luce gli abusi di potere nelle stanze segrete di Hollywood e poi, a cascata, in quasi ogni ambiente lavorativo, perché una delle esponenti di punta ha commesso a sua volta degli abusi. La variabile chiave non è il genere bensì la relazione di potere: in una società patriar cale è chiaro che le donne saranno più spesso abusate che abusanti, più spesso vittime che carnefici. Ma non è detto che non avvenga il contrario, e nemmeno che non si possa essere vittime e carnefici allo stesso tempo.

Davide Marco Corvino corvinodav­ide@gmail.com

CARO DAVIDE,

le sue parole sono musica per le orecchie delle perone civili. Il 5 ottobre il movimento #MeToo ha compiuto un anno. L’effetto è stato quello di uno tsunami mondiale. Molto è stato fatto pur tra errori e contraddiz­ioni, ma moltissimo resta ancora da fare. Non è stato smantellat­o il potente ordine patriarcal­e che ha subito però un’importante erosione. I reati sessuali sono difficili da dimostrare e quasi ovunque (a cominciare dall’Italia) vanno in prescrizio­ne prima che le donne abbiano trovato il coraggio di denunciare. Ma per non perdere la sua spinta propulsiva, #MeToo deve diventare un movimento strutturat­o di critica radicale a un sistema che a fine settembre ha permesso di portare alla Corte suprema americana un uomo sospettato di avere violentato una donna. Deve essere in grado di aprire una battaglia feroce al maschilism­o imperante che va dai ragazzi “troppo impetuosi” a un presidente come Trump che ha detto «le donne prendile per la passera». E il nostro Paese non è affatto indenne dal sessismo impunito. Anzi, ho l’impression­e che tiri un’aria da nuovo Medioevo…

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