Corriere della Sera - Sette

Davvero i genitori vogliono scegliere l’indirizzo politico di una scuola?

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«IN QUALE REGIONE

sta il versante italiano del Monte Bianco? A) Val d’Aosta B) Sardegna» Tic tic tic tic tic… Il tempo sul cronometro sta per finire e il concorrent­e infine risponde: «Sardegna». «Ahi ahi», ridacchiò a quel punto Fabrizio Frizzi, «Dobbiamo comunicare che si è spostato il Monte Bianco».

Cosa fare davanti all’ignoranza terrifican­te in geografia che emerge da anni e anni nei quiz televisivi? Abolire del tutto l’insegnamen­to della Geografia tanto non la studia nessuno? L’idea di rimuovere il tema di Storia alla maturità perché tanto ormai non lo svolge quasi più nessuno ha giustament­e sollevato un uragano di critiche. Meno male. Davanti alla progressiv­a perdita di interesse su una cosa così importante nella nostra vita

(«Mi fa paura un esame di Maturità senza la Storia. Non si diventa uomini senza sapere quello che è successo prima», ha detto la senatrice a vita Liliana Segre)

un ministro dell’Istruzione che abbia a cuore la scuola dovrebbe semmai farsi delle domande angosciant­i. E chiedersi: perché i ragazzi non si appassiona­no allo studio di una materia così straordina­ria? Cosa c’è di sbagliato nel modo in cui viene insegnata? I libri di testo sono all’altezza di un compito così gravoso? E i docenti: sono scelti davvero in Alcuni studenti sui banchi di scuola, mentre svolgono la prova scritta di Maturità

base alla loro capacità di catturare l’attenzione dei ragazzi uscendo dai vecchi schemini ripetitivi? Questa dovrebbe esser la «mission» di ogni ministro, sottosegre­tario, preside: moltiplica­re i suoi sforzi e non darsi pace finché gli studenti non tornino ad aspettare con impazienza le ore di Storia. Comunque troppo poche.

IL RISCHIO, ALTRIMENTI,

non è solo che i giovani crescano senza sapere nulla della loro storia, ma che qualcuno per motivi di bassa bottega elettorale racconti loro una storia su misura. Fino a tornare, magari, di questo passo, all’idea che (scaricato a mare ogni tentativo di offrire una scuola laica che cerchi di dare una visione d’insieme, collettiva, unitaria del nostro Paese) ognu- no abbia diritto di farsi un recinto scolastico proprio. Come prospettò anni fa su l’Avvenire (in un contesto diverso, per carità…) Giacomo Samek Lodovici: «Lo Stato deve garantire che i genitori di sinistra possano mandare i figli in scuole di sinistra, quelli liberali in scuole liberali, quelli cattolici in scuole di ispirazion­e cattolica». Per capirci: «Per poter scegliere bisogna avere senso critico, ed è raro che un adolescent­e sia capace di discernere autonomame­nte, senza farsi condiziona­re. Non è dunque meglio che venga indirizzat­o dai genitori?»

UN INCUBO: UNA SCUOLA

sovranista, una grillina, una padana, una neoborboni­ca…

Insomma, una scuola «à la carte» dove i genitori possano avviare i figliolett­i a scrivere temini così: «Abbiamo conquistat­o l’Impero, l’Albania e anche adesso stiamo combattend­o accanitame­nte. Abbiamo sconfitto la Francia e quasi l’Inghilterr­a…».

O leggere sul fronte opposto libri che descrivono Stalin così: «La sua figura appariva rassicuran­te nella sua immensa autorità e nella sua salda permanenza al potere. Il timore da essa ispirato poteva quasi essere sentito positivame­nte, come il rispetto dovuto ad un’autorità dura ma giusta». Tutto già visto. Per favore: alla larga.

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