Dan Peterson: «La mia prima guida a Chicago»
DAN PETERSON
in Italia non ha mai avuto un’auto e non ha mai guidato. In compenso lo ha fatto tanto prima. Cominciando molto presto, visto che negli Usa, negli Anni 50, si poteva prendere la patente a 15 anni, a condizione di frequentare un corso di teoria e pratica che si svolgeva a scuola e durava nove settimane. Una volta fatto arrivò a casa, fiero, e chiese l’auto al padre. Ma questo non ne voleva sapere: «Non sai guidare». «Ma come non so guidare? Ho fatto il corso e l’ho chiuso a pieni voti» protestò lui, che aveva già il carattere che lo avrebbe reso capace di far trottare i giganti del basket. «Va be’», disse il padre, «proviamo». La famiglia Peterson abitava a Evanston, sobborgo tranquillo, almeno per il traffico, a nord di Chicago. «Portami in centro», comandò il sig. Peterson. Prima parte del tragitto tutto bene.
Guida sicura anche nell’ingresso nella zona nord della città. Fino alla grande intersezione che si trova tra Hollywood Avenue e il lungolago. Lì si apriva il circo.
Anzi un rodeo sulle ruote, che si correva su sei corsie da una parte, sei dall’altra: un fiume di auto di fronte al quale scattò la paresi del 15enne Dan. «Ero terrorizzato dall’idea di fare un incidente. Scatta il verde, resto immobile. Dietro iniziano a suonare, poi a insultare. Mio padre zitto. Scatta il rosso. Tiro il fiato. Mi preparo al nuovo verde e, a quel punto, sono partito e sono riuscito a stare a galla in mezzo al fiume di auto, senza andare a fondo e soprattutto senza bocciare nessuno». Un test con la quale ottenne il diritto di usare l’auto di famiglia. Una decina d’anni dopo, ormai temprato ha messo a segno una bella prova di resistenza: da Chicago a Phoenix, senza soste. «Quasi 30 ore di guida, solo con pause di sopravvivenza».