Corriere della Sera - Sette

Scandalo ALL’INGLESE

- DI STEFANIA CARINI

JEREMY THORPE È L’UOMO POLITICO

che amiamo amare: nei suoi appassiona­ti discorsi, è favorevole tanto all’immigrazio­ne, in quanto linfa vitale per l’Inghilterr­a, quanto all’ingresso del Paese dell’Unione Europea. Sono gli anni Sessanta, è leader dei liberali, ha una carriera brillante. Jeremy Thorpe è anche l’uomo che amiamo odiare: usa le persone, è ipocrita, vive una doppia vita nascondend­o la sua inclinazio­ne sessuale.

Sono gli anni Sessanta, l’omosessual­ità è messa al bando in Inghilterr­a. Thorpe mente e si mimetizza, ma con tutti i privilegi che gli derivano dal suo status.

Seduce un giovane problemati­co ragazzo, Norman Scott, che diventa il suo amante per lungo tempo e poi sempre per lungo tempo il suo incubo. Preoccupat­o dai piccoli ricatti, denunce, richieste di attenzione di Scott, Thorpe finisce per esserne ossessiona­to e ordire un complotto per ucciderlo. I suoi collaborat­ori arruolano però un killer inetto che manca Scott e colpisce... il suo cane. L’uomo denuncia tutto, e nonostante le coperture e i depistaggi lo scandalo emerge. Thorpe si dimette e nel 1979 affronta il processo. Che, come tutta la vicenda, si svolge in un clima surreale, farsesco, assurdo. Lo stesso tono della miniserie A Very English Scandal (FoxCrime, dal 23 novembre), basata su un libro inchiesta del giornalist­a e romanziere John Preston, diretta da Stephen Frears, scritta da Russell T. Davis.

Nei panni di Thorpe c’è uno Hugh Grant invecchiat­o dal sorriso conturbant­e e lo sguardo tagliente:

in questa sottile folle magnetica doppiezza risiede il fascino del personaggi­o. E forse dell’intera Inghilterr­a,

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