Scandalo ALL’INGLESE
JEREMY THORPE È L’UOMO POLITICO
che amiamo amare: nei suoi appassionati discorsi, è favorevole tanto all’immigrazione, in quanto linfa vitale per l’Inghilterra, quanto all’ingresso del Paese dell’Unione Europea. Sono gli anni Sessanta, è leader dei liberali, ha una carriera brillante. Jeremy Thorpe è anche l’uomo che amiamo odiare: usa le persone, è ipocrita, vive una doppia vita nascondendo la sua inclinazione sessuale.
Sono gli anni Sessanta, l’omosessualità è messa al bando in Inghilterra. Thorpe mente e si mimetizza, ma con tutti i privilegi che gli derivano dal suo status.
Seduce un giovane problematico ragazzo, Norman Scott, che diventa il suo amante per lungo tempo e poi sempre per lungo tempo il suo incubo. Preoccupato dai piccoli ricatti, denunce, richieste di attenzione di Scott, Thorpe finisce per esserne ossessionato e ordire un complotto per ucciderlo. I suoi collaboratori arruolano però un killer inetto che manca Scott e colpisce... il suo cane. L’uomo denuncia tutto, e nonostante le coperture e i depistaggi lo scandalo emerge. Thorpe si dimette e nel 1979 affronta il processo. Che, come tutta la vicenda, si svolge in un clima surreale, farsesco, assurdo. Lo stesso tono della miniserie A Very English Scandal (FoxCrime, dal 23 novembre), basata su un libro inchiesta del giornalista e romanziere John Preston, diretta da Stephen Frears, scritta da Russell T. Davis.
Nei panni di Thorpe c’è uno Hugh Grant invecchiato dal sorriso conturbante e lo sguardo tagliente:
in questa sottile folle magnetica doppiezza risiede il fascino del personaggio. E forse dell’intera Inghilterra,