Corriere della Sera - Sette

Il migliore della settimana: Riccardo Sanna, 30 anni

- Contributo giudiziosa­mente scelto da Micol Sarfatti

LA CHIAMANO TUTTI COSÌ,

nel mio piccolo paese: per la gente del posto lei è Signora Solitudine. E nel guardarla, anche per pochi istanti, si intuisce il perché. Ogni giorno, quando si fa sera, Signora Solitudine se ne sta seduta nella caffetteri­a del viale alberato. Sono sempre le 20 in punto, quando ordina il suo cappuccino. «Potresti farmelo molto caldo, cara?», dice alla banconiera, che annuisce e sorride nell’udire quella frase scandita quotidiana­mente da ormai così tanti anni. E una volta servita, Signora Solitudine prende il cucchiaino e lo fa girare nella tazza, dopo aver zuccherato a dovere. Prima due giri in senso orario e altrettant­i nel verso contrario: un antico detto marinaresc­o sostiene che porti fortuna, anche se lascia il tempo che trova.

INTANTO SCRUTA

timidament­e l’ingresso come se stesse aspettando qualcuno. Il perché di questi automatism­i giornalier­i non li sa nessuno con certezza, ma il chiacchier­iccio intorno a lei certo non si spreca.

Qualcuno afferma che da giovane, Signora Solitudine, era proprio una bella fanciulla, ma non altrettant­o fortunata:

venne lasciata all’altare dal suo compagno di una vita, che di mestiere faceva lo scaricator­e di porto. Le aveva detto, nei giorni seguenti: «Ci si vede alle venti in caffetteri­a, lì ti spiegherò il perché». Ma non fu di parola e sparì per sempre.

Qualcun altro sostiene che quando era una bambina, il padre, una sera d’autunno, scappò di casa con una ballerina moldava lasciando sole lei e la mamma, che a vicenda s’erano asciugate le lacrime di dispiacere. Ogni giorno il padre era solito ordinare, alle venti, un espresso nella stessa caffetteri­a. Ma dalla sera della fuga, lei non lo vide mai più. Altri ancora sostengono che da ragazza Signora Solitudine si era dedicata al teatro ed era pure brava.

UNA VOLTA

un pezzo grosso del settore l’aveva contattata per reclutarla nella sua compagnia, dandole appuntamen­to prima dell’ora di cena, proprio alla caffetteri­a.

Ovviamente non si era mai presentato, infrangend­o così il suo più grande sogno.

E insomma di tutte queste dicerie tristi, quel che è successo davvero, nessuno lo sa con precisione. E tra fantasie di paese e realtà celate nel silenzio, lei comunque non cede a quello che a tutti gli effetti può sembrare un destino beffardo. Signora Solitudine attende, spera e scruta l’ingresso. Lo fa ogni giorno, nonostante tutto. Aspettando qualcuno o qualcosa, forse il riscatto da occasioni mancate, che probabilme­nte non arriverà mai.

Chi aspetti?

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