LA STORIA QUI RIPARTE SEMPRE
L’Italia può aver dimenticato quello che Torino e il Piemonte le hanno dato: il Risorgimento, la Resistenza, la Fiat. Ma Torino non può dimenticare la sua rilevanza nazionale
TTUTTO QUELLO
che Torino e il Piemonte hanno dato all’Italia viene oggi irriso, denigrato, dileggiato. Il Risorgimento non è di moda. Funzionano molto di più i briganti e i Borbone. I neoborbonici infatti sono attivissimi in rete; Cavour e i patrioti non se li fila nessuno. La Resistenza è messa anche peggio. Il politico più in voga, Matteo Salvini, cita il Duce tutti i giorni. I partigiani sono considerati comunisti sanguinari; mentre tra loro, e in particolare in Piemonte, c’erano giovani di ogni fede politica, monarchici, liberali, cattolici; e poi donne, sacerdoti, carabinieri, ebrei, militari.
La storia della Fiat viene raccontata come quella di un’azienda assistita dallo Stato, e non come una vicenda collettiva che ha contribuito a modernizzare il Paese,
cui hanno partecipato centinaia di migliaia di operai arrivati a Torino da ogni parte d’Italia.
La città non sembra interessarsi molto a questo. Ha celebrato con orgoglio i 150 anni dell’unificazione dell’Ita- lia, dovuta soprattutto alla lungimiranza di Cavour e al sangue dei soldati piemontesi e dei volontari delle altre regioni. Alcuni studiosi seri come Alessandro Barbero e Juri Bossuto hanno smontato certe frottole antirisorgimentali. Ma nel complesso Torino sembra aver rinunciato a svolgere quel ruolo guida sul piano culturale e civile che aveva svolto negli ultimi due secoli.
NON È STATO IL RISORGIMENTO
a fare l’Italia; è stata l’Italia, e in particolare Torino, a fare il Risorgimento. Un movimento che fa discutere intellettuali e politici del calibro di Cavour, D’Azeglio, Balbo, Gioberti. Che coinvolge i due più grandi artisti dell’Ottocento, Manzoni e Verdi. Che riscatta una nazione da divisioni millenarie, sia pure ovviamente a prezzo di errori, talora di orrori, poiché la storia è fatta da uomini. Eppure
il Risorgimento è del tutto assente dalla memoria nazionale.
Di un personaggio straordinario come Vittorio Emanuele II, ad esempio, gli italiani non sanno nulla: un re popolano, che amava le contadine, combatteva con coraggio fisico, potrebbe ispirare fiction e romanzi; eppure di lui si sa pochissimo. Quanto alla Resistenza, oggi il vero revisionismo non