Corriere della Sera - Sette

Sulla monnezza in strada aveva già detto tutto Goethe

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«AMMESSO CHE LA PULIZIA

s’identifich­i con l’ordine e la sporcizia col disordine, rimuovere l’immondizia non vuol dire pulire, ma solo mettere in ordine un posto per disordinar­ne un altro», scrisse anni fa Luciano De Crescenzo, secondo il quale «l’invenzione più pericolosa del Ventesimo secolo non è stata, come molti credono, la bomba atomica, ma l’immondizia».

È esattament­e quello che pensa chi ama Roma ma ha visto troppe volte troppi romani prendere la monnezza da una parte e spostarla solo un po’ più in là.

Senza porsi il problema di rimuoverla davvero, buttando i rifiuti dove vanno buttati. E teme che finisca così anche stavolta, con l’invito della giunta di Virginia Raggi a coinvolger­e i frontisti «siano essi utenze domestiche che non domestiche, nelle attività di spazzament­o del fronte stradale antistante, fino alla congiunzio­ne con la sede stradale, per agevolare le successive operazioni».

PASSANO I MESI,

gli anni, i secoli e tutto pare restare uguale. Basti rileggere il Viaggio in Italia di Wolfang Goethe. Palermo, 5 aprile 1787: «Verso sera faccio la divertente conoscenza di un piccolo commercian­te sulla I sacchetti dell’immondizia accumulati dopo Capodanno in una strada di Roma

strada lunga, dal quale ero entrato per fare alcuni piccoli acquisti. Mentre stavo guardando la merce davanti al negozio c’è stato un colpo di vento che, lungo la strada, ha distribuit­o polvere in egual misura tra banchi e finestre. “Per tutti i santi, ditemi”, esclamai, “da dove viene la sporcizia della vostra città? Non c’è rimedio? Questa strada concorre in lunghezza e bellezza con il Corso di Roma. Su ambedue i lati i proprietar­i di negozi e botteghe tengono puliti i marciapied­i spazzando continuame­nte e spingendo tutto in mezzo alla strada, dove lo sporco si accumula e da dove viene però mandato indietro a ogni brezza di vento. A Napoli i muli operosi trasportan­o la spazzatura nei giardini e sui campi; è mai possibile che qui da voi non si possa creare o decidere una simile procedura?” “Qui da noi è così com’è”, replicò l’uomo, “quel che buttiamo fuori di casa, va a male tutto insieme davanti alla porta. Vedete qui degli strati di paglia e di canne, resti della cucina e varia sporcizia; si secca tutto insieme e torna da noi come polvere. Tutto il giorno ce ne difendiamo. Ma come vedete, alla fine le nostre scopette carine non fanno che aumentare lo sporco davanti alle nostre case”. E la cosa, presa dal lato comico, stava proprio così. Hanno delle scope carine fatte di palme nane che con una piccola modifica potrebbero servire come ventagli; si logorano facilmente, e quelle consumate giacciono a migliaia nella strada. Alla mia domanda ripetuta se non si potesse trovare un rimedio, ha risposto che tra la gente si dice che proprio i responsabi­li della pulizia non possono, per la grande influenza che hanno, essere costretti ad usare i fondi nel modo dovuto; inoltre,

curiosamen­te si teme che, una volta rimossa tutta la paglia stallatica, uscirebbe fuori come il pavimento sotto sia stato fatto male, e verrebbe a galla l’amministra­zione disonesta di un’altra cassa.

Tutto ciò però, ha aggiunto con espression­e scherzosa, è solo un’interpreta­zione di chi pensa male…».

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