Carlo Orsi: «L’amicizia vale più di una Ferrari»
CARLO ORSI È UNO
dei grandi fotografi italiani che, oltre alla passione per le macchine fotografiche ne ha un’altra per le macchine con quattro ruote, possibilmente veloci. Tanto da vincere, alla fine degli Anni 60, un campionato italiano di Fomula Ford. Il primo amore però è sempre rimasto sempre quello per le foto. Quando i suoi scatti gli hanno portato buoni guadagni, li ha spesso usati per trasformare auto da sogno in auto vere, e di sua proprietà. Con una però, una Ferrari Gtb Scaglietti, la realtà è diventata amara. Di botto. Anzi, con un botto.
La prestò a un amico che un giorno andò a trovarlo a casa sua a Monticelli, nella campagna pavese, dove le strade senza traffico, alla fine degli Anni 60, sembravano fatte apposta per correre.
E l’amico sembrava fatto apposta per farlo: si chiamava Ferrari, di nome Virginio, e di professione faceva il campione di motociclismo, secondo in un campionato mondiale dietro a Kenny Roberts. Uno che con la velocità era in confidenza. Quella volta troppo, visto che a una curva è andato dritto come un missile ed è finito in mezzo ai campi. Il Ferrari è uscito indenne, la Ferrari no. «Ci hanno messo due anni a Maranello a rimetterla a posto», ricorda Orsi. L’amicizia invece, come succede spesso quando è vera, è uscita subito dal colpo più forte di prima. Altra storia: qualche anno dopo Orsi compra una Jaguar e il giorno successivo parte da Milano per un servizio fotografico a Bari. Era stata tale l’emozione di salire su quella macchina e sentire «quel profumo di pelle che c’è solo sulle auto inglesi», che si era dimenticato di caricare le macchine fotografiche. Ha dovuto fare avanti e indietro Milano-Bari-Milano-Bari senza sosta. Non gli è pesato troppo; era tenuto sveglio dal profumo della pelle.