La virgola oxfordiana o l’onomastica sorrentiniana?
GUIDO CARRETTA SCRIVE: «Non c’è niente da fare, leggere il “cazzeggio” del Joker con i lettori è sempre un piacere (come l’oliva sul Martini di ‘M*a*s*h’). Non so quanti avrebbero sottolineato, come ha fatto lei, la “virgola oxfordiana” di Dexter nella dedica del romanzo Il giorno del rimorso, né quanti l’avessero mai sentita nominare prima. Continui così, anche se ha già compiuto i sessantacinque.
P.S. Io i sessantacinque li compio a dicembre. Se le cose stanno così, non vedo l’ora».
CARO GUIDO, MI PERMETTA di chiosare. 1) La ricetta del Martini di ‘M*a*s*h’, indimenticabile film sulla guerra di Robert Altman con un Donald Sutherland superiore, prevede 8 parti di gin e 2 di vermouth dry. Troppo vermouth, direi. 2) Sulla virgola oxfordiana (Oxford comma) si è espressa definitivamente Mary Norris, la “Comma Queen” del New Yorker (cioè la Regina della Virgola che regna sull’impostazione linguistica della prestigiosa rivista). Sua Maestà Mary prende come esempio la frase: «We invited the strippers, J.F.K. and Stalin». Detta così sembra che abbiamo invitato i due spogliarellisti J.F.K. e Stalin. Usando la virgola oxfordiana prima della congiunzione («We invited the strippers, J.F.K., and Stalin»), appare chiaro che abbiamo invitato le spogliarelliste più il presidente americano più il tiranno sovietico, e nessun equivoco è possibile. Sulla virgola oxfordiana (o virgola seriale) ci sarebbe tanto da dire. Chiudo con la canzone dei Vampire Weekend, newyorkesi anche loro, che comincia così: «Chi se ne fotte di una virgola oxfordiana?» («Who gives a fuck about an Oxford comma?»). Punto.
A PROPOSITO DELL’ESSERE O MENO splendidi sessantacinquenni, lo sa, nel concorso sulla frase più bella di Paolo Sorrentino la più votata è proprio la battuta della Grande Bellezza: «La più consistente scoperta che ho fatto pochi giorni dopo aver compiuto sessantacinque anni è che non posso perdere più tempo a fare cose che non mi va di fare». Ernesto D’Angelo sostiene che Jep Gambardella/ Toni Servillo pronunciando la battuta «sembra Proust con lo sguardo di James Senese che suona ’Ngazzate nire». Nemmeno Gadda avrebbe saputo dirlo meglio (sarebbe stato più bello o più brutto il Pasticciaccio in napoletano?). Colgo l’occasione per citare i versi immortali di Senese in ’Ngazzate nire :« Mi scenne ’o latte int’a’ ginocchi cu ’sti toscani e Jovanotti, saranno pure brava gente ma fanno musica fetente».
ANGELITA TROMBETTA È COME la madeleine proustiana. Il suo nome mi ricorda l’hit anni Sessanta dei Marcellos Ferial (Sbarcammo ad Anzio una notte, oh oh, oh oh). Angelita apprezza «il tono disilluso e annoiato» di Jep Gambardella. «Qui l’onomastica ha il suo appeal. Prima o poi apriremo un dibattito su Servillo?». L’onomastica di Sorrentino (Titta Di Girolamo, Tony Pagoda, Cheyenne...) è varia ed eventuale (nel senso che fa evento). Un dibattito su Servillo lo comincerei con la frase di Sorrentino su Sean Penn: «I grandi attori conoscono molto meglio i loro personaggi rispetto al regista e allo sceneggiatore».
SU QUEL SEGNO D’INTERPUNZIONE PAROLE DEFINITIVE DA MARY NORRIS DEL NEW YORKER E... DAI VAMPIRE
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