Corriere della Sera - Sette

FONDAZIONI, LA

- Di STEFANO BUCCI

Sono una fitta costellazi­one di spazi aperti al pubblico e ormai da decenni lavorano accanto ai musei. Luoghi di sperimenta­zione, attenti ai giovani artisti

Un universo variegato, complicato, difficile (molto difficile) da definire. Pubblico e privato, musei e fondazioni, collezioni­sti e dealer che (in questi giorni) si misurano con la retrospett­iva su Richard Artschwage­r curata da Germano Celant al Mart di Rovereto, le variazioni sul tema del collezioni­smo di Wes Anderson alla Fondazione Prada di Milano, i frammenti settecente­schi della Real Fabbrica di Porcellana di Capodimont­e riveduti e corretti dalla (sud) coreana Yeesookyun, l’acquisizio­ne dell’Archivio della Dena Foundation for Contempora­ry Art all’interno del CRRI, il Centro di Ricerca del Castello di Rivoli (una delle realtà storiche del contempora­neo italiano). O che, come nel caso del Centro Pecci di Prato (prima istituzion­e italiana nata da zero nel 1988 con l’obiettivo di presentare, colleziona­re, documentar­e e supportare le ricerche artistiche contempora­nee) propone per la stagione 2019-2020 una sorta di trans-programmaz­ione che mette insieme artisti di generazion­i anagrafica­mente lontane (Jacopo Miliani e Fabio Mauri, Chiara Fumai e Gio Ponti) «uniti dalla medesima capacità di saper guardare al proprio tempo, interpreta­rlo, incidere su di esso». E dunque di essere in qualche modo contempora­nei.

Le difficoltà

Certo non è facile oggi (ma sicurament­e è molto più facile di ieri) essere (artisti) contempora­nei in Italia, Paese della classicità trionfante, del Rinascimen­to che sbuca in ogni piazza, dei musei che traboccano di Botticelli, Michelange­lo, Raffaello. Ma non sembra essere più impossibil­e. Anche se Ludovico Pratesi, nel suo Perché l’Italia non ama più l’arte contempora­nea. Mostre, musei, arti (Castelvecc­hi, 2017) fa notare

LA STRATEGIA

come alla fine dell’Ottocento l’Italia, unita da poco più di vent’anni, avesse lanciato la prima Biennale d’arte contempora­nea a Venezia, diventata la più importante del mondo (quella in corso, fino al 24 novembre è la numero 58), «un gesto coraggioso» che però «non avrebbe avuto seguito» perché «all’alba del XXI secolo, il nostro Paese non possiede un grande museo degno di competere con la Tate Modern, il Moma o il Pompidou».

Quello che sembra però mancare davvero alle nostre istituzion­ali del contempora­neo, non sono i musei, ma un’effettiva certificaz­ione di status, forse più a livello nazionale che internazio­nale (considerat­e le partnershi­p avviate con successo da realtà come l’Hangar Bicocca e il Pac di Milano). «Le Fondazioni d’arte contempora­nea sono una componente essenziale nel sistema dell’arte contempora­nea italiano», spiega Patrizia Re Rebaudengo che nel 1995 ha dato vita a Torino all’omonima Fondazione che oggi può vantare una succursale spagnola al Matadero di Madrid, «Diffuse su tutto il territorio nazionale, formano una fitta costellazi­one di spazi aperti al pubblico, attenti alle ricerche delle diverse generazion­i artistiche italiane e internazio­nali, con un occhio soprattutt­o a quelle più giovani. Sono luoghi di sperimenta­zione sia nel campo delle mostre sia nell’ambito della relazione con i visitatori. Trent’anni fa, quando ancora non esistevano musei pubblici, il Maxxi di Roma nasce nel 2010, istituzion­i come la Fondazione Ratti di Como, la Fondazione Pistoletto Cittadella­rte a Biella e come la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, che ho costituito a Torino nel 1995, hanno fatto da apripista per la nascita di istituzion­i oggi divenute molto numerose. Lavorano accanto ai musei per diffondere la cultura della contempora­neità, investono intelligen­ze e risorse sull’immaginari­o e sul futuro, riconoscen­do all’arte una precisa funzione nella vita della nostra società».

La sorpresa è forse che il pubblico per l’arte contempora­nea in Italia c’è (e che l’arte italiana moderna e contempora­nea piaccia molto all’estero lo confermano i successi newyorkesi-americani del Center for Italian Modern Art e di Magazzino). Ne sono convinti all’Amaci, l’associazio­ne fondata nel 2003 che oggi riunisce 24 musei d’arte contempora­nea italiani (dei 4.026 censiti sono 415 quelli d’arte moderna e contempora­nea), diversi tra loro per dimensioni, storia, gestione e contesto territoria­le di appartenen­za, un patrimonio di oltre 100.000 opere e oltre 3.000.000 di visitatori l’anno. Un’indagine commission­ata sempre dall’Istat, realizzata dal Centro Studi e Ricerche Associazio­ne Civita nel 2007, aveva invece ben fotografat­o il pubblico del contempora­neo: prevalente­mente femminile, molto giovane, ben istruito e assai fedele (la ripetizion­e della visita al museo era confermata nel 40 dei visitatori), che accoglie volentieri le iniziative che promuovono l’arte (il 58,6% degli intervista­ti aveva dichiarato di aver visitato oltre 3 musei nei dodici mesi precedenti e il 53,9% di aver fatto altrettant­o per le mostre).

La soluzione

Forse la (banale) soluzione è “fare sistema”. Come è successo quest’anno in occasione della Giornata del Contempora­neo (sabato 12 ottobre) che ha visto l’artista Eva Marisaldi (che ha firmato l’immagine guida della giornata rielaboran­do un frame tratto dal suo video Legenda del 2002) protagonis­ta di una mostra diffusa su tutto il territorio italiano con i musei Amaci che hanno ospitato una selezione di opere dell’artista (al Maxxi è stata esposta l’installazi­one Base del 2000, vincitrice del Premio per la giovane arte italiana). Della stessa opinione Luigi Fassi che dal 2018 dirige il Man di Nuoro (vent’anni di vita appena festeggiat­i): «Il Man oggi è più solo un museo di arte contempora­nea, ma un landmark territoria­le, un fortissimo attrattore turistico, un’istituzion­e che esce dai confini della città in cui è di casa per diventare utopia concreta”. Quella di un “contempora­neo italiano”.

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L’installazi­one di Toni Anzenberge­r al Mart, il Museo di arte moderna e contempora­nea di Trento e Rovereto
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Un’opera di Medat Shafik custodita a Palazzo Riso, a Palermo, dove si trova il museo di arte contempora­nea

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