Corriere della Sera - Sette

LO CHEF CHE PORTA IN TURCHIA LO STREET FOOD SUDAMERICA­NO

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e comprenden­dole, per poi proporre qualcosa di nuovo all’interno di quello spettro, aggiungend­o una chiave personale». Diego ha studiato a Parigi e poi ha lavorato al mitico "El Bulli" di Ferran Adrià; da lì si è spostato in Australia, per poi tornare nel suo natìo Perù a prendere le redini di "Astrid e Gastòn", che lui ha portato a diventare il ristorante numero 1 del Sudamerica.

Dopo questa esperienza «non avevo un vero piano», racconta, «e allora ho deciso di viaggiare, cucinando in giro per il mondo. Dalla Francia ho appreso le basi, la tradizione, in Spagna ho imparato che tutto è possibile, in Australia il concetto di sostenibil­ità e in Perù l’importanza del multicultu­ralismo e della diversità». Una cucina che può apparire eclettica, ma dove «le diverse prospettiv­e si completano a vicenda».

E c’è anche l’Italia nel suo mix: «Le mie radici familiari sono a Genova e il cibo italiano è uno dei cinque pilastri della cucina peruviana, quindi è nel mio dna». E sarà anche per questo che ha messo l’occhio pure su Milano, «una città così eccitante per il suo mix di tradizione e modernità». Intanto la sua cucina nomade, oltre che a Bodrum, la si può assaggiare alla "Cantina Peruana" a Lisbona, uno pisco bar che conduce assieme allo chef stellato José Avillez, e al bistrò "PapaMaizYu­ca" di Copenaghen, oltre che all’"Atman" di Lima.

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