Lacrime per leggere il mondo
Anche nel Secolo della ragione si piangeva, anche allora da una lacrima sul viso si capivano tante cose. Marco Menin ha scritto un libro molto interessante,
La filosofia delle lacrime. Il pianto nella cultura francese da Cartesio a Sade (il Mulino).
Ha per tema l’emozione e la sua manifestazione più evidente. È vero che non c’è epoca in cui non si siano versate lacrime, ma nei pensatori che Menin prende in esame la lacrima, sospesa tra l’immediatezza naturale e l’artificio culturale, è un ottimo banco di prova per indagare le relazioni enigmatiche che legano la dimensione fisiologica e quella psicologica, il “fisico” e il “morale”. Non potendo limitarsi alla ragione stessa, l’uomo ha cominciato a guardare il mondo attraverso il velo di una lacrima.
Il pianto non è solo una prerogativa femminile, come il senso comune vuol far credere, un segno di fragilità, qualcosa di cui vergognarsi. Non è più necessario dover vivere e comportarsi siccis oculis, ovvero con gli occhi secchi.
In uno dei racconti più suggestivi della Bibbia si piange: «Allora Giuseppe disse ai fratelli: “Avvicinatevi a me!”. Si avvicinarono e disse loro: “Io sono Giuseppe, vostro fratello, quello che voi avete venduto sulla via verso l’Egitto”… Allora egli si gettò al collo di suo fratello Beniamino e pianse. Anche Beniamino piangeva, stretto al suo collo. Poi baciò tutti i fratelli e pianse» (Genesi 45, 4-15).
Gioia, dolore, delusione, sconfitta, successo: gli stati d’animo legati al pianto sono pressoché infiniti, e innumerevoli sono le modalità, i rituali, le prescrizioni che ogni epoca e ogni cultura hanno adottato per regolarne l’uso. Le lacrime parlano, ma non sono parola, nemmeno gesto, affiorano dagli occhi e, significativamente, scorrono per dirci qualcosa: le arti figurative, la poesia, il teatro, la letteratura, il cinema sembrano averlo saputo da sempre, poiché ne hanno fissato da tempo immemorabile i canoni espressivi.
Nelle ultime sequenze di C’era una volta in America si piange. È una delle pagine più ermetiche e toccanti del film: non ci sono dialoghi, l’unico rumore che squarcia il silenzio notturno è quello di un camion della spazzatura. E il pianto, indotto, non fa che aumentare il mistero di quel finale. Senza le lacrime dello spettatore tutto sarebbe più scontato. Come scrive Emil Cioran, «al giudizio universale verranno pesate soltanto le lacrime».