Corriere della Sera - Sette

STORIA DI URSULA MORTA IN UNA SCATOLA

-

COLD CASE

La bimba aveva 10 anni quando fu rapita e lasciata morire dentro un nascondigl­io

sotto terra: il suo caso sconvolse la Germania. Un uomo è stato condannato all’ergastolo. Ma il fratello della piccola non è convinto e chiede di riaprire le indagini

La bicicletta rossa di Ursula viene trovata già la prima notte, abbandonat­a nel bosco a venti metri dal sentiero principale. Quel martedì mattina, il 15 settembre 1981, l’ultima dei quattro figli degli Herrmann era uscita di casa contenta di rivedere i compagni di scuola dopo le vacanze. Il pomeriggio aveva fatto lezione di piano con il fratello Michael, poi era andata a ginnastica e si era fermata a cena dal suo

di cuginetto. Alle 19.20 la mamma aveva telefonato a casa della zia: «Adesso però bisogna tornare».

Per fare il percorso tra i villaggi di Schondorf e Eching am Ammersee ci vuole meno di un quarto d’ora. A dieci anni, Ursula è già abituata a girare da sola, fuori c’è ancora luce e poi da queste parti non è mai successo nulla. Alle 20 la signora Herrmann telefona di nuovo. La bambina è partita da quasi mezz’ora, è chiaro da subito che è successo qualcosa. Inizia così, nel verde della Baviera, a 40 chilometri da Monaco, il più grande mistero criminale nella Germania del Dopoguerra. Per come ha sconvolto il Paese, la sparizione di Ursula è stata paragonata a quelle di Maddie McCann e di Emanuela Orlandi. Dopo decenni di indagini, rivelazion­i e false piste, in questo caso però la verità è emersa, almeno secondo il sistema

giudiziari­o tedesco: il colpevole è stato condannato in via definitiva. Invece secondo Michael, il fratello della vittima, “oggi ci sono prove a sufficienz­a per concludere che in carcere è finito l’uomo sbagliato”.

Un piano disastroso

La mattina di giovedì 17 settembre 1981, a 36 ore dalla scomparsa, a casa degli Herrmann squilla il telefono. Quando alzano la cornetta sentono uno strano messaggio registrato: un suono vibrante, poi qualche secondo di silenzio, infine lo stesso suono vibrante. La polizia che è in ascolto lo indentific­herà facilmente: è il jingle che apre il bollettino del traffico di una radio locale. Altre tre telefonate, nelle ore successive, ripropongo­no agli Herrmann la stessa registrazi­one apparentem­ente priva di senso.

La spiegazion­e arriva la mattina successiva. Una lettera anonima, un collage di caratteri ritagliati dai giornali, annuncia in un tedesco confuso: «Abbiamo rapito vostra figlia, vogliamo due milioni di marchi di riscatto – più o meno 600 mila euro di oggi, ndr –. Nelle prossime ore vi arriverà una telefonata, dovete solo rispondere sì o no dopo lo squillo».

In base al piano, evidenteme­nte, la lettera di istruzioni avrebbe dovuto essere recapitata prima delle telefonate. È solo uno dei tanti, goffi errori commessi dal regista di questo incubo. Chiunque esso sia, e anche se sarà capace di fuggire alla giustizia per decenni, è un autentico incapace. I coniugi Herrmann, peraltro, sono un obbiettivo assurdo per un’estorsione: lui fa il maestro elementare, lei è casalinga.

Quello stesso pomeriggio il telefono squilla di nuovo. Dopo il segnale, la signora Hermmann risponde di sì.

Centinaia di poliziotti e volontari battono palmo a palmo la zona. La seconda lettera arriva lunedì 21. Anche le condizioni per la consegna del riscatto sono bizzarre: il padre di Ursula dovrà portare il denaro, in un luogo che verrà indicato in seguito, a bordo di una Fiat 600 gialla. Gli Herrmann, grazie al sostegno dei vicini e del governator­e del Länder bavarese, riescono a raccoglier­e i soldi. Non verranno mai più contattati.

Camminando tra gli alberi, non lontano da dove era stata abbandonat­a la bici, una mattina di inizio ottobre un agente sente qualcosa di strano sotto i piedi. Spazza via lo strato di foglie e tocca una superficie perfettame­nte liscia: il lato superiore di una scatola di legno. È larga 72 centimetri per 60, è profonda un metro e 40. Dentro ci sono sei bottiglie d’acqua anco

ra sigillate, biscotti e barrette di cioccolato Ritter Sport, romanzi e riviste per ragazzi – in una è pubblicata la pubblicità di una Fiat 600 gialla – un secchio vuoto e il corpo senza vita di Ursula. Chi l’ha rapita pensava che sarebbe potuta sopravvive­re lì dentro per giorni, e per questo aveva creato un sistema di aerazione artigianal­e, che però non aveva funzionato: l’ossigeno si era esaurito nel giro di poche ore.

La prova regina

Nonostante centinaia di interrogat­ori e una scena del delitto piena di indizi, compresa un’impronta digitale isolata in un frammento di nastro adesivo, per settimane gli inquirenti non fanno passi avanti. Uno dei primi sospettati è Werner Mazurek, 31 anni, sposato e con due figli, riparatore di televisori e pieno di debiti. Un suo conoscente, Klaus Pfaffinger, disoccupat­o con problemi di alcol, racconta alla polizia di aver scavato una buca nel bosco su richiesta di Werner, in cambio di mille marchi e uno schermo a colori; però non è in grado di indicare il luogo esatto e presto smentisce la confession­e: si era inventato tutto perché messo sotto pressione. A fine gennaio 1982 Mazurek viene comunque arrestato. Ha un alibi: la sera del sequestro stava giocando a Risiko con la moglie e altri amici. Le sue impronte non coincidono con quella trovata all’interno della scatola. Alla Procura non resta che rilasciarl­o.

Il mistero della bimba sepolta nella scatola continua per anni a occupare giornali, libri e programmi tv. Con il passare del tempo questo maldestro, tragico sequestro si trasforma in un assurdo delitto perfetto. Fino a quando, nei primi anni Duemila, i magistrati

tero la notizia della sua scomparsa, e le notti e i giorni di angoscia a cercarla nel bosco…».

Insegnante di musica, padre di 4 figli, Michael in aula sedeva accanto alla pubblica accusa. Udienza dopo udienza, ha cominciato ad avere dei dubbi. L’analisi del registrato­re? «L’ho trovata inaccurata, se non proprio di parte». L’imputato? «Non ero convinto che fosse innocente, ma nemmeno colpevole». Dopo il verdetto, ha scritto una lettera a Mazurek: «Anche se ho molte riserve sulla tua persona, se non sei stato tu a uccidere mia sorella, mi auguro che emergano nuove prove e tu possa essere riabilitat­o. Se invece sei stato tu, va’ all’inferno».

Martedì 3 aprile 2018 le università inglesi sono ancora chiuse per le vacanze di Pasqua. «Quel pomeriggio ero a casa e non avevo niente da fare», ricorda Barbara Zipser, ricercatri­ce tedesca alla Royal Holloway University di Londra specializz­ata in linguistic­a e filologia classica. Per caso, trova nel web la riproduzio­ne delle lettere del rapitore di Ursula e si mette a studiarle. Presto fa un salto sulla sedia. «Quelle lettere avevano molto da dire sul loro autore, eppure nessuno in tanti anni aveva svolto un’analisi linguistic­a approfondi­ta» ci spiega Zipser: «Erano state composte con il chiaro intento di sembrare l’opera di uno straniero, dalla sintassi incerta; eppure contenevan­o termini molto complessi, come “Zahlungsbe­reitschaft” (“disponibil­ità a pagare”) senza neanche un errore di ortografia. È evidente che una persona priva di istruzione superiore come Mazurek non aveva le competenze grammatica­li per realizzare dei testi così complessi. In una delle lettere, inoltre, sono presenti dei neologismi e delle espression­i gergali che lasciano immaginare che l’autore possa essere più giovane. Magari uno studente delle superiori».

Barbara e Michael hanno continuato a indagare. Hanno analizzato il colore di rivestimen­to della scatola, «un pigmento molto inusuale, un prototipo: siamo risaliti alla fabbrica dove è stato prodotto», e riconsider­ato ogni dettaglio del caso. Ursula è stata trovata ad appena un chilometro dalla sede di un prestigios­o collegio superiore, il Landheim Schondorf. Zipser non si arrende: «E se questa tragedia fosse il risultato di un gioco di adolescent­i finito male? Ripensate ai dettagli, dai fumetti lasciati per far passare il tempo all’ostaggio, fino alle telefonate registrate per chiedere il riscatto: questo piano a me non sembra opera di una mente adulta”. In fin dei conti, Barbara e Michael alla Procura chiedono solo un ultimo sforzo: perché non prendere le impronte di tutti gli studenti di allora per confrontar­le con quella trovata nella scatola?

 ??  ??
 ??  ??
 ??  ?? Ursula Herrmann: fu rapita il 15 settembre del
1981 in un paesino della Germania. A sinistra Werner Mazurek, l’uomo accusato del delitto. Al tempo dei fatti aveva 31 anni. Qui sopra il luogo dove fu ritrovato il corpo della bambina
Ursula Herrmann: fu rapita il 15 settembre del 1981 in un paesino della Germania. A sinistra Werner Mazurek, l’uomo accusato del delitto. Al tempo dei fatti aveva 31 anni. Qui sopra il luogo dove fu ritrovato il corpo della bambina
 ??  ?? Michael Herrmann, fratello di Ursula: al processo si è costituito parte civile a nome della famiglia. Sotto, Barbara Zipser, ricercatri­ce tedesca alla
Royal Holloway University di Londra, specializz­ata in linguistic­a e filologia: ha collaborat­o alle indagini analizzand­o il messaggio del rapitore
Michael Herrmann, fratello di Ursula: al processo si è costituito parte civile a nome della famiglia. Sotto, Barbara Zipser, ricercatri­ce tedesca alla Royal Holloway University di Londra, specializz­ata in linguistic­a e filologia: ha collaborat­o alle indagini analizzand­o il messaggio del rapitore
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy