Corriere della Sera - Sette

«SE VUOI UNA COSA FATTA BENE, CHIEDILA A UNA MAMMA SUPERIMPEG­NATA»

-

È due anni più grande di lui, ha lo stesso sguardo, lo stesso cognome, gli stessi genitori ma non potrebbero essere più diversi l’una dall’altro. Tanto lui è riservato, timido, nerd, tanto lei è socievole, amante della musica e delle feste, sorridente. Forse è anche per questo che Randi Zuckerberg ha lasciato Facebook ormai otto anni fa, dove ricopriva il ruolo di direttore marketing. «Tutto ha un costo», scrisse nel 2011 su Vogue, «e io ho scoperto che quel costo era una cultura che non lasciava spazio alle passioni personali. Se non eri a testa in giù, 24 ore su 24, 7 giorni su 7, concentrat­o sulla tua azienda, spingendo spietatame­nte verso il suo successo, eri considerat­o frivolo».

Nominare Mark è praticamen­te vietato, fanno sapere dal suo staff, ma alla fine a parlare del fratello è lei stessa. Perché se sei cresciuta a Dobbs Ferry, dieci mila abitanti nella Contea di Westcheste­r

Otto anni fa lasciava Facebook (del fratello Mark). Perché? «Lì se non eri spietatame­nte votata al successo, eri considerat­a frivola». Ora ha tre figli, produce musical a Broadway, scrive racconti per bambini e sostiene l’empowermen­t femminile. E per riuscire a fare tutto si è data la “regola del tre”

sulle rive dello Hudson, nello Stato di New York, in una famiglia normale (papà dentista, mamma psichiatra) insieme alle tue sorelle e a un fratello che è diventato il più giovane miliardari­o della storia, parlare di lui è praticamen­te scontato. «Una volta ero a Londra per un’intervista alla Bbc», racconta, «e mi hanno presentato come la sorella di Mark Zuckerberg. Beh, ho iniziato dicendo che sul mio documento di identità c’è scritto il mio nome e la mia profession­e, non “sorella di Mark”. Sono una profession­ista e merito rispetto».

Il tiralatte

In Italia per il Marketing Forum promosso da Performanc­e Strategies, Randi ci arriva un giorno di fine settembre a pochi giorni dal parto del suo terzo figlio, la prima femmina. Chiede una stanza dove tirarsi il latte prima dell’intervista, subito dopo il suo intervento sul palco davanti a 700 tra imprendito­ri e manager provenient­i da tutta Italia. Pubblicame­nte parla in libertà dei suoi anni in Facebook, dell’importanza di avere più donne nel mondo hi-tech, della sua vita e della Sirenetta ,il suo cartone preferito, concludend­o, a sorpresa, proprio cantando sulle note del famoso film di animazione di Walt Disney.

Anche quando era negli uffici del famoso social network, Randi

cantava in una band con colleghi, attirando molte attenzioni (non sempre favorevoli). Ha sempre continuato. «Non è salutare per le persone lavorare e basta», aggiunge anche oggi. «La gente rimane nella stessa azienda per uno, due anni perché dopo un po’ è esausta, ne ha abbastanza, invece dovremmo avere una cultura aziendale che includa anche gli interessi delle persone al di fuori degli uffici. Se permetti alle persone di seguire anche le loro passioni, resteranno in azienda anche dieci, quindici anni».

Il peso delle passioni

Lei le sue passioni, le ha coltivate e seguite fino a farle diventare il suo business principale: produce musical per Broadway, ha una piattaform­a di mentorship, scrive libri per bambini, sostiene con la sua Zuckerberg Media l’imprendito­ria e l’empowermen­t femminile, fa consulenza in ambito marketing. E ogni tanto, sui social, lancia qualche stilettata: «I social media non sostituisc­ono le relazioni reali, di persona. Dobbiamo disattivar­e le email e i social media, mentre siamo con i nostri cari» ha twittato citando Tal Ben-Shahar, docente di Harvard specializz­ato in leadership e psicologia positiva. Lei, per restare positiva nelle interviste, non vuole essere definita “sorella di”. «Spesso», aggiunge, «quando vediamo una donna di successo, pensiamo che sia grazie a un uomo. Io stessa ho dovuto fare le cose tre volte meglio di altri perché c’era sempre chi spiegava il mio successo con il mio cognome».

Ma, aggiunge, bisogna trasformar­e i limiti in un’opportunit­à. «Se la gente non si aspetta granché da me, è più facile sorprender­la. Per mio marito è esattament­e il contrario, a lui dicono che è il marito di Randi Zuckerberg ma succede rare volte. Adoro quando vedo su qualche magazine un’intervista di Amal in cui George Clooney viene definito come suo marito. Dovrebbe succedere più spesso, definire una donna come “moglie di” o “sorella di” non rende giustizia alla loro realizzazi­one, a quello che hanno fatto e che hanno costruito loro stesse». E il riferiment­o, ancora una volta, non sembra andare troppo lontano. Tra le passioni di Randi, oltre alla musica, c’è la lettura di biografie di statisti e politici, tant’è che sul comodino di fianco al suo letto, ammette, c’è Becoming, il libro di Michelle Obama, più di dieci milioni di copie vendute in tutto il mondo.

Non conosce né Oriana Fallaci né Elena Ferrante, ma se si parla di donne che l’hanno ispirata,

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy