Platone, i governanti e la «nobile bugia»
Per molti si tratta di un libro tutto sbagliato, il prodotto perverso di un’anima impaurita che sognava una società chiusa, senza cambiamenti, tribale. Il contrario di quello che ci serve oggi, per imparare a muoverci nella complessità del mondo.
Èla Repubblica di Platone dove in effetti le provocazioni non mancano, sull’ineguaglianza per esempio: e per questo piaceva tanto ai nazisti – così tanto che Popper, nel suo libro La società aperta e i suoi nemici (scritto in esilio durante gli anni della Seconda guerra mondiale), si era chiesto se non fosse venuto finalmente il momento di chiudere i conti con un libro che impartiva insegnamenti tanto sbagliati. Tra tutte, a risultare più intollerabile era la pagina in cui Platone aveva teorizzato la necessità per i governanti di mentire – la «nobile bugia» la chiamava. La città ideale, scriveva, si organizza necessariamente in classi, dividendosi gerarchicamente tra governanti, guardiani e lavoratori. E per mantenere l’ordine all’interno del corpo sociale deve convincere i membri delle varie classi della bontà di questa divisione. Con una «piccola» bugia, appunto, ricorrendo a un paragone con i metalli. Ci sono quelli che hanno le anime d’oro, quelli d’argento e quelli di bronzo. Ci sono i più dotati e i meno dotati. È un fatto, inutile protestare. Meglio farsene una ragione e contribuire al bene della società dal posto che ci è stato assegnato.
Per Platone la «nobile bugia» era la condizione di garanzia per una città ben governata: per Popper siamo alla soglia del razzismo, con la giustificazione dell’ineguaglianza per natura. Davvero ha senso perdere tempo con simili testi? Simili accuse avrebbero probabilmente un senso, se non fosse per un piccolo dettaglio.
Questa bugia, scrive Platone, va raccontata prima di tutto ai governanti. Non ai sudditi. Serve insomma per l’obiettivo opposto di quello di cui parlava Popper: non per tenere nelle posizioni subordinate i sottoposti, ma per giustificarne la promozione, convincendo i governanti a non concedere troppo potere a parenti, figli e amici che non lo meritassero. Perché non c’è errore più grave di affidare il potere a chi non è capace di gestirlo, e non sapendo come gestirlo finirà per pensare solo ai fatti suoi o all’interesse della propria parte.
Una città governata bene è una città capace di selezionare la sua classe dirigente: questo è uno dei problemi più delicati in politica, e in un sistema democratico a maggior ragione. Se qualcuno delle classi inferiori dimostra qualche potenzialità, deve essere messo in condizione di svilupparla. La nobile bugia mira insomma a promuovere la mobilità sociale, non a bloccarla, nella convinzione che non c’è salvezza se non s’investe nei talenti e nelle potenzialità dei cittadini, tutti, lasciando da parte gli interessi privati.
Come poi questo possa avvenire concretamente, non c’è quasi bisogno di ricordarlo, visto che Platone lo spiega per pagine e pagine: con l’educazione e l’istruzione. Senza competenze adeguate è impossibile affrontare le sfide del mondo complesso e complicato in cui gli uomini vivono. Una società che funziona bene è una società che mette in condizione di acquisire queste competenze, per affrontare preparati le tante sfide che ci attendono. Sembrano tesi banali, penseranno in molti. In fondo lo sono. Ma allora perché non s’investe mai davvero nel nostro sistema scolastico?