Essere una “ragazza comune” (ma con due ali d’angelo)
«È
fantastico sapere che la gente mi vuole incontrare, ed è interessata alla mia opinione» dice Sara Sampaio, modella di Victoria’s Secret. Perché Victoria’s Secret ha deciso di abolire le sfilate in passerella, lingerie e ali, e catapultare le modelle nei negozi dove possono essere avvicinate dalla gente, concedere autografi, selfie.
Obiettivo: normalizzazione. Dopo il sensibile calo di vendite, e la chiusura di molti negozi (cinquanta in un anno) serve un rinnovamento, l’azienda capisce che deve avvicinarsi alle donne comuni, su esempio di altri marchi che non sentono crisi, vedi Intimissimi che prende come testimonial Sarah Jessica Parker, anni 54. Insomma, per sopravvivere è necessario un messaggio forte a favore della bellezza inclusiva, e non di quella eccezionale fin lì celebrata su ammissione dal responsabile marketing, Ed Razek, che anni fa dichiarava di essere assolutamente contrario a modelle plus size, men che meno transgender, lo spettacolo è fantasia, diceva. Precisando: «Nel 2000 abbiamo provato a fare uno speciale televisivo tutto dedicato alle plus size, e il nostro pubblico non ne fu affatto interessato».
Da qui le proteste, le accuse, quindi le scuse dell’azienda, e le dimissioni di Ed Razek, finanche l’assunzione della prima modella transgender: Valentina Sampaio, 22 anni, brasiliana. Il tempo dell’annuncio stampa, e la modella sparisce. Chi l’ha più vista? Di certo non diventa l’incarnazione del marchio come Sara Sampaio (stesso cognome, ma niente da spartire, precisa quest’ultima). Oggi, in collaborazione col marchio Bluebella, Victoria’s Secret lancia una campagna pubblicitaria con quattro modelle a interpretare il concetto di #loveyourself: la transgender May Simón (torniamo a chiederci: che fine ha fatto Valentina Sampaio?), la keniota Olivia Sang, l’irlandese indonesiana Laura Rakhman, e la modella plus size Ali Tate-Cutler. Persino l’angelo per eccellenza, Sara Sampaio – sempre lei – inizia un processo di umanizzazione, raccontando sui social di sentirsi una ragazza qualunque, con problemi qualunque, per esempio: su Instagram andava a controllare i profili di altre modelle, e contava i cuoricini. Da lì la crisi, e la decisione di adottare “strategie di autocura” per il corpo e per la mente, la salute mentale è importante, dice. Dunque piccole strategie come l’essere gentili con se stessi, rivela.
Normalità, deve essere stato il diktat aziendale. Bellezza inclusiva – All dressed up, just for me. Poi però né la modella transgender, né la plus size diventano immagine ufficiale del marchio, per loro neppure il nome nella campagna stampa, nessun risalto. Rimangono in ombra, mentre Sara Sampaio non regge la recita della ragazza comune.
Eccola in un’intervista televisiva raccontare del momento in cui è diventata angelo, la reazione di fronte alle ali: Oh my god, that’s for me.
Il conduttore chiede se si possano comprare le ali.
No, risponde Sara. Tu puoi comprare solo l’intimo.
BELLEZZA INCLUSIVA E NORMALITÀ. ALCUNI BRAND PUNTANO SU QUESTA IMMAGINE DI DONNA.
CHE NON SEMPRE FUNZIONA
altri mezzi: in gioco è il governo del mondo più che la conoscenza dello spazio, un governo totale reso possibile proprio grazie ai satelliti che consentiranno di realizzare – per usare le parole di Derrida – «la panottizzazione della Terra», l’ininterrotta sorveglianza planetaria che non ha mai smesso di registrare ogni movimento del mondo sublunare anche dopo la caduta del muro di Berlino.
La corsa allo spazio inizia prima del 1957. Perché, allora, è lo Sputnik 2 a segnare lo spartiacque nella guerra stellare tra le due superpotenze del tempo? La risposta si nasconde nel fatto che 6 dei suoi 508 kg erano di materia organica. A lasciare la Terra, insieme alla struttura del satellite e alle apparecchiature di bordo, c’è una cagnetta che risponde al nome di Laika. An