LA DONNA LEOPARDO HA UN SEGRETO RIVOLUZIONARIO
Mi sono sempre piaciute le scommesse. Cos’altro è d’altronde il teatro se non lo spazio magico dove l’artista scommette su se stesso? È da alcuni anni che penso di portare in teatro un testo di Moravia, non uno dei suoi testi teatrali, bensì un romanzo. Ho sempre pensato fossero perfetti per il palcoscenico, perché al loro interno c’è una forte e riconoscibile matrice teatrale. Leggendolo si intuisce un’ attenzione quasi registica alla scena, alla luce, ai luoghi descritti minuziosamente come dei dipinti, ai personaggi, infine ai dialoghi, perfetti per essere recitati.
Tra tutte le sue opere ho preferito da subito i suoi racconti, i romanzi brevi: quando lessi La donna leopardo capii che da lì dovevo partire. Partire dalla fine quindi, da queste ultime pagine con cui c’ha salutato. La mattina in cui se n’è andato, il 26 settembre 1990, sulla sua scrivania, è stata trovata, dentro una rigida cartellina blu, l’ultima stesura del romanzo in versione manoscritta. Quattro personaggi: un giornalista, il suo editore e le rispettive mogli, che si trovano ad affrontare un viaggio in Africa, nel Gabon, dove il giornalista deve fare un reportage e l’editore, che è un costruttore, ha alcuni suoi interessi. Il contesto narrativo si sposta dalle atmosfere borghesi, di una Roma conosciuta e notturna, dove le relazioni sono più nascoste e trattenute, all’Africa, che come scrive Moravia è “il più nobile monumento che la natura abbia mai eretto a se stessa”.
Quel continente che ha sempre attratto lo scrittore simboleggia un altrove: lí tutto diventa vero, senza sovrastrutture. L’uomo tende a possedere, la donna a sottrarsi, ma il possesso definitivo è impossibile e l’amore, come la vita, è
uno stato d’allarme continuo. Un impianto teatrale perfetto, ricorrente nei suoi romanzi, fin dal suo esordio con gli Indifferenti, scritto a soli diciassett’anni: pochi personaggi, un procedere asciutto e veloce, una scrittura limpida e controllata. La sua ricerca di fondere la tecnica teatrale con quella narrativa è stata profonda e continua. Fino alla fine. Fino a La donna leopardo. Scriveva ad alta voce, per ascoltare la musicalità delle parole e dare alla pagina il ritmo voluto: i suoi personaggi pensano come se agissero, a una velocità vertiginosa. E vertiginoso è il muoversi di Nora, Ada, Lorenzo e Flavio, i quattro protagonisti de La donna leopardo, che per tutto il romanzo si incontrano e si scontrano, spinti dalla passione, dall’amore.
Un sentimento incontrollabile che, come la vita, sfugge ad ogni comprensione: quando credi di averlo afferrato invece si nega, in una continua tensione tra possesso e indipendenza. I due personaggi femminili del romanzo sono bellissimi perché forti, autonomi, perfino selvaggi, come la natura. L’amore e il sesso sono le lenti attraverso cui Moravia guarda l’umanità: «Ci può essere sesso senza amore, ma non amore senza sesso», sosteneva. Il nocciolo della sua poetica credo l’abbia reso nel tempo un autore quasi sempre declinato al maschile. I registi che hanno portato sullo schermo Moravia sono uomini, diversi tra loro per cultura, nazionalità, età. Ma uomini: De Sica (La Ciociara), Franciolini (Racconti romani), Bernardo Bertolucci (Il conformista), Godard (Il disprezzo), Maselli (Gli Indifferenti), Zampa (La Romana), Bolognini (La villa del venerdì), Damiani e Kahn (La noia). Una lista formidabile, per quantità e qualità. Un’ulteriore ragione, senza alcuna presunzione, per accettare la sfida della donna leopardo. Su questo ho avuto il sostegno pieno e convinto di Dacia Maraini e Carmen Llera, senza le quali questo tentativo non sarebbe stato possibile. Tre donne, dunque: credo sarebbe piaciuto a Moravia.
Nel testo ho trovato forti legami con Pirandello (il rapporto tra Mommina e Verri di Questa sera si recita a soggetto, la Compagnia della Contessa dei Giganti della montagna) mentre il dialogo iniziale del romanzo ricorda Casa di Bambola di Ibsen, ( difatti il personaggio ha lo stesso nome, Nora ). Soltanto che la Nora di Ibsen non si libera ma è sopraffatta, mentre la Nora di Moravia no.
Moravia ha disegnato spesso figure femminili bellissime, cosa rara nella letteratura italiana del secolo scorso e anche nella drammaturgia. Le donne di Moravia sono sorprendentemente
I suoi personaggi pensano come se agissero, a una velocità vertiginosa. E i due personaggi femminili sono bellissimi perché forti, autonomi, perfino selvaggi, come la
natura. L’amore e il sesso sono la lente attraverso cui Moravia guarda l’umanità