La rude piazza social Un’occasione perduta
Con tutto il rispetto non mi sento di condividere questi autorevoli pareri. Anzi, la penso esattamente all’opposto.
Facebook o Twitter mettono in comunicazione, o meglio, collocano su una stessa piattaforma, diciamo una stessa piazza sia pur immateriale, persone che nella vita reale non si frequenterebbero mai, o forse addirittura non si sfiorerebbero nemmeno, o se si sfiorassero sarebbe solo per poi menarsi di santa ragione. Nella vita reale seguaci della destra e discepoli della sinistra vivono in due mondi diversi. Le persone generalmente fanno amicizia con altre che più o meno condividono opinioni simili, presentano stili di vita simili, linguaggi simili, pregiudizi simili, ovvietà simili, idiosincrasie simili, simpatie simili, talvolta, ma non sempre e non necessariamente, ossessioni simili. E invece sui social network improvvisamente scoprono di occupare lo stesso territorio dei dissimili, degli opposti, dei differenti, degli avversari. Sarebbe bello, perché l’incontro, sia pur conflittuale ma civile e rispettoso, tra dissimili, opposti, differenti, avversari, è il sale di una società libera e plurale.
Se non fosse che quest’incontro coatto e non scelto mette in luce l’assoluta incapacità di discutere, la totale inadeguatezza a sostenere l’impatto devastante di opinioni diverse, l’inabilità assoluta nell’argomentare con un minimo di coerenza logica. La discussione, anche sanamente polemica, tra tesi diverse, la capacità di mettere insieme argomenti basati su dati di fatto, insomma la base stessa del dibattito libero, civile e democratico, è un’abitudine totalmente sconosciuta. Nella vita reale (non sui social), frequentando solo persone che la pensano alla stessa maniera non si ha mai occasione di confrontare tesi diverse e persino contrapposte. E dunque improvvisamente si viene scagliati in un’arena dove ci si sente frastornati e infuriati. Come sarebbe, la pensi diversamente da me? Non può essere, vuol dire che sei un provocatore, un prezzolato, un agente dei servizi deviati, un leccapiedi di qualche potere occulto che va tacitato, insultato, fatto a pezzi, censurato, cancellato, bannato, defollowato, bullizzato, espulso dal consorzio umano. Azzerata anche la capacità di comprendere un testo leggermente più complicato della semplicità basica di uno slogan. Inesistente qualunque capacità di afferrare il senso ironico di una frase, o di un paradosso: prova a fare dell’ironia e
FACEBOOK E TWITTER FANNO INCONTRARE I DISSIMILI: IL SALE DI UNA SOCIETÀ LIBERA. PURTROPPO PREVALE L’INCAPACITÀ DI DISCUTERE
verrai preso alla lettera. Se scrivi: «Toninelli è il più grande statista del mondo», ti rispondono, presi da collera incontenibile: «E tu saresti un giornalista, pennivendolo che non sei altro, a sostenere che Toninelli è un grande statista?». E giù con gli insulti, ansiosi di tornare all’aria chiusa delle frequentazioni tra simili, dove tutto è più sano e nessuno viene preso da quell’incomprensibile malattia mentale che consiste nel pensarla diversamente da te.
L’essenza del Giappone di oggi la si trova da Starbucks. Si passeggia tra i negozietti di souvenir ad Asakusa, all’ombra del tempio Sensoji e la cosa più naturale è imbattersi in due adolescenti sedute a un tavolino davanti a milkshake. Si confidano indossando un kimono, curate nel dettaglio. È un giorno feriale, non un’occasione particolare. Ma è la norma. In questa inattesa alchimia tra futuro – Tokyo è una megalopoli high tech che conta circa 38 milioni di abitanti considerando la sua area metropolitana – e tradizione più rigorosa, fatta di esasperata ritualità e sublime lentezza cerimoniale in ogni gesto, sta il fascino affabulatorio del Giappone.
Ne è un esempio l’Enoura Observatory, fondazione nata sotto l’egida del visionario artista Hiroshi Sugimoto. Bisogna raggiungere Odawara nella prefettura di Kanagawa a 70 km da Tokyo per immergersi in un’oasi in cui l’architettura contemporanea si fonde con la filosofia orientale. Il parco affacciato sul mare, tra alberi e aiuole con tappeti di sassi “pettinati” perfettamente, rende ancor più chiaro il volto attuale del Paese. Un luogo senza tempo come questo spinge alla meditazione e alla riflessione. Punto di partenza per poi scoprire la Tokyo di oggi. La rete della metropolitana (superato il disagio iniziale di trovare le