PIXI O HUARACHE? IL GATTO DALLA DOPPIA VITA
La storia di Pixi e Huarache ha fatto il giro del mondo e ha strappato a molti un sorriso di ammirazione o una smorfia di disgusto – a seconda di quale sia la vostra opinione sui felini domestici – perché Pixi e Huarache sono in realtà lo stesso gatto, e se hanno due nomi diversi è perché hanno due padroni diversi. O forse sarebbe meglio dire che è il micio a possedere contemporaneamente due umani, ciascuno all’insaputa dell’altro.
In una cittadina messicana affacciata sul Golfo del Messico, Tampico, c’era una volta un gatto certosino di nome Pixi. Come tutti i gatti, anche Pixi ama girovagare, e la signora Mary Lore Barra giustamente non se ne preoccupa. Un giorno però Pixi torna a casa con un collarino nuovo. Mary Lore s’incuriosisce, infila un divertito bigliettino nel collare («Si chiama Pixi il gattino. Penso che abbia due case, hahaha») e aspetta la risposta. Che puntualmente arriva l’indomani: «Qui si chiama Huarache. Saluti dagli altri genitori del gattino». Mary Lore ha pubblicato su Facebook le foto del micio e del carteggio fra i due padroni, e la storia è diventata virale.
Due famiglie messicane hanno scoperto di condividere lo stesso felino (galeotto è stato un collarino messo “a tradimento”). Gli etologi ce lo ricordano: non si tratta di un animale sociale. Quindi ogni istante passato in sua compagnia è un privilegio
La seconda storia
Ma non è la prima volta che capita. Due anni fa a Inglewood, in Nuova Zelanda, un vivace soriano di due anni ha condotto indisturbato per una decina di mesi la sua doppia vita come Simba e Crazy Horse, finché un bel giorno, dopo una settimana di assenza, si è presentato alla casa di origine con una medicazione al collo. Shirley Bishop, la padrona di Simba, è corsa dal veterinario per saperne di più, ma per via delle norme sulla privacy ha potuto ottenere soltanto il nome della via dove il micio era stato trovato. E qui, dopo un appello su Facebook, ha conosciuto la padrona di Crazy Horse, Mychaela Groombridge: «Ha cominciato a venirci a trovare e a correre come un pazzo intorno alla casa, e per questo l’abbiamo chiamato Cavallo Pazzo. Poi è entrato, è salito sui divani, ha fatto le fusa come se fosse a casa sua…». Le due signore hanno deciso per l’affido congiunto, e così il micio ha continuato ad avere due nomi e due mamme. «L’importante è sapere che è al sicuro e amato», ha concluso Shirley.
E così dovremmo pensarla tutti noi che viviamo con un animale: occuparci di lui, nutrirlo, curarlo se si ammala, trascorrere del tempo insieme è un dovere (oltreché un immenso piacere e un vantaggio per la nostra salute), ma nessun animale ci appartiene veramente, per la buona ragione che non si può possedere un’altra creatura capace, proprio come noi, di provare desideri, passioni, sentimenti. Continuiamo a parlare di “padroni” perché la lingua è meno aggiornata dell’etologia, ma sarebbe molto più corretto dire “compagno” o “membro della famiglia”. Del resto, la libertà di un gatto o di un cane – sempreché non rappresenti un pericolo per l’animale – è una componente essenziale del loro benessere.
Già, ma perché mai un micio dovrebbe scegliersi una seconda famiglia? I detrattori dei gatti troveranno qui la conferma dei loro pregiudizi: i gatti sono infedeli per natura, odiosamente opportunisti, non si legano a nessuno e curano soltanto i propri interessi (più o meno come si dice dei politici). Si potrebbe obiettare che gli episodi accaduti in Messico e in Nuova Zelanda dimostrano in realtà il contrario, e cioè che un gatto può essere talmente affettuoso da sapersi legare a più di un umano, proprio come quegli umani che si ritrovano innamorati contemporaneamente di due persone: impresa non semplice e quasi sempre rovinosa, e tuttavia tra noi non così rara.
La leadership
Il fatto è che il gatto domestico, diversamente dal cane, non è un animale sociale, proprio come il suo antenato, il gatto selvatico africano: è cioè in grado di cavarsela da solo per tutta la sua vita adulta, incontrando i propri simili soltanto nella breve stagione degli amori e vivendo per il resto del tempo in perfetta e soddisfatta solitudine . Ma questo non significa che non possa costruire relazioni sentimentali anche molto forti con altri gatti e con altri animali, a cominciare dall’uomo (e dal cane, come sa bene chi convive con entrambi). Non sono però relazioni gerarchiche e non definiscono una struttura sociale stabile, com’è per esempio quella del branco, dove la leadership è riconosciuta e condivisa e ciascuno ha un ruolo definito: sono piuttosto relazioni fondate sull’interesse reciproco, e in un certo senso sul piacere reciproco.