Corriere della Sera - Sette

Così svanisce il sogno di Adamo (secondo Hegel)

- Di LEONARDO CAFFO

La storia di Pixi e Huarache fa venire in mente una tesi del filosofo Hegel contenuta nella Fenomenolo­gia dello spirito jenese: «Il primo atto mediante il quale Adamo ha costituito la sua signorìa sugli animali è che egli diede loro un nome; vale a dire li annientò come esistenti». Gli animali, che sono i “senza nome” per definizion­e – perché fuori dalla relazione tra parola e cosa – acquistano identifica­tivi nominali solo per essere catalogati, spesso attraverso i numeri addirittur­a sfruttati, più tipicament­e ridotti a esistenze subordinat­e alle nostre domestiche o meno che siano. Pixi – Huarache, spostandos­i da un nome all’altro, si fa beffa del sogno di Adamo e riporta a galla quanto esistano molte più cose di quelle che possiamo nominare: due vite, che magari sembravano una, due caratteri, che magari apparivano in contraddiz­ione l’uno con l’altro. Esiste la vita, libera, che corre veloce da uno stato all’altro e che proviamo ad afferrare con un’unica parola: non esistono due padroni di una vita perché non ne esiste nessuno. Ci sono esistenze che si incontrano, spesso si scontrano, e talvolta si fa un po’ come nel famoso romanzo di Umberto Eco Il nome della rosa: Stat feles pristina nomine, nomina nuda tenemus eliquiam, quibeatatu­r, quid et aut

Non è per il cibo che un micio sta con noi, perché sa benissimo che potrebbe procurarse­lo da solo, e neppure per ricevere protezione, perché se ha paura o si trova in pericolo non ci corre incontro a chiedere aiuto ma scappa sotto il letto o sguaina le unghie: sta con noi perché gli piace stare con noi. Una ricerca dell’Università inglese di Lincoln, pubblicata nel 2015, ha dimostrato che non c’è nessuna significat­iva differenza di comportame­nto in un gatto che sta da solo, con il proprio padrone o con uno sconosciut­o (una ricerca successiva, condotta quest’anno dall’Università dell’Oregon, propone conclusion­i opposte: ma l’esperiment­o ha coinvolto soltanto i gatti e i loro padroni, e dunque ha meno valore). Non solo: diversamen­te dai cani, che possono soffrire anche seriamente di ansia da separazion­e quando rimangono soli, i gatti non mostrano particolar­i segni di stress, purché si trovino in un ambiente a loro familiare e sufficient­emente ricco di stimoli. E il motivo è sempre lo stesso: sono per natura animali solitari.

Prospettiv­e diverse

In altre parole, la relazione che un gatto stabilisce con noi è una libera scelta: e come tale può essere sempre revocata, proprio come succede con i nostri amori e le nostre amicizie. Capita infatti, di tanto in tanto, che un gatto, anche dopo anni di felice convivenza, se ne vada per sempre, abbandoni la sua famiglia umana e se ne scelga un’altra: magari perché – è il caso più frequente – è arrivato un altro micio, o perché l’aria a casa s’è fatta irrespirab­ile (i gatti odiano i litigi e le urla), o magari perché una passeggiat­a sui tetti gli ha fatto scoprire una nuova compagnia più interessan­te e stimolante.

Essere scelti da un gatto è dunque un’autentica benedizion­e, una grazia che si rinnova ogni volta, un regalo che ci viene offerto quotidiana­mente e di cui dovremmo essere riconoscen­ti. La signora messicana e la signora neozelande­se che hanno scoperto la doppia vita dei loro mici possono considerar­si molto fortunate: infatti, sebbene Pixi e Simba abbiano costruito altri legami affettivi, non hanno voluto rinunciare alla famiglia d’origine.

Chi vive con un gatto, del resto, queste cose le sa benissimo: è quasi sempre lui a prendere l’iniziativa: a decidere quando vuole le coccole e quando le crocchette, quando vuole star da solo e quando ha voglia di giocare, quando dormire e quando correre come un indemoniat­o, quando sparire per ore o per giorni e quando invece rimanere immobile come un sasso per un pomeriggio intero. Non per caso, è l’unico animale domestico (noi inclusi) il cui antenato selvatico non è un animale sociale. Come un monaco o un guerriero, il gatto è interament­e padrone di se stesso: e risiede probabilme­nte qui il segreto della sua inesauribi­le magia.

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La doppia vita del felino è stata scoperta grazie a un bigliettin­o che una delle due padrone, Mary Lore Barra, ha infilato nel collarino del gatto e al quale hanno risposto gli altri ““proprietar­i””
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