Corriere della Sera - Sette

Benedetta va a trovare sua figlia a casa e si mette a piangere

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Qui troverete piccole storie e ritratti di quotidiani­tà.

Persone che vivono le loro vite normalment­e finché incontrano qualcosa di estremamen­te piccolo

e significat­ivo, che li spinge a condivider­e la condizione umana, in un abbraccio di emergenza

che serve a non essere travolti

Aveva giurato che si sarebbe fatta piacere tutto, e sentiva con certezza che non ce l’avrebbe fatta. Tanto per cominciare, non sopportava il fatto che sua figlia si fosse trasferita, che avesse lasciato Riccardo (che a Benedetta piaceva molto) e che si fosse messa in testa di cercare la felicità da un’altra parte. Non riusciva a non pensare che Laura fosse alla fine proprio come tutte le ragazze della sua generazion­e, che si arrendesse alle prime difficoltà, e che se lei, Benedetta, avesse dovuto fare così, sia Laura che i suoi due fratelli si sarebbero trovati fin da piccoli con i genitori separati. Ma cosa pensavano, che li scoprisser­o loro per la prima volta i desideri proibiti, o l’esasperazi­one della convivenza, o la voglia di lasciare tutto e di ricomincia­re, o il pensiero sempre presente, sempre strisciant­e di avere sbagliato ogni scelta?

Mille volte aveva pensato mentre li cresceva: «Che ci faccio io qui, che ci faccio in questa vita, chi è questa gente che dovrebbe essere la mia famiglia, che vogliono da me?». E tutte le volte aveva allontanat­o quel pensiero senza che i suoi figli o suo marito si accorgesse­ro di nulla. Era stata brava. Nessuno aveva indovinato le notti in cui non riusciva a dormire e si sentiva prosciugat­a, come se ai suoi arti, braccia e gambe, fossero attaccati i tre figli e il marito, uno per parte, e tutti le succhiasse­ro l’energia, la forza, la vita. Tutti pensieri che aveva sempre allontanat­o e forse aveva fatto male a non condivider­e, se adesso Laura le mostrava quelle due stanze (niente di che, neanche bene esposte e in un quartiere che non le piaceva) come una grande conquista. Ma anche stavolta mentì, e le disse che l’appartamen­to era bello, e si informò con discrezion­e di Riccardo, se lo sentisse ancora. Laura le rispose con un sorriso che erano rimasti amici. «Secondo me, lui spera ancora che ci ripensi» aveva detto senza riuscire a tratteners­i. Sua figlia l’aveva guardata mentre metteva su il caffè. «Credo di no… e spero di no, farebbe male». Ecco, aveva avuto la risposta che si meritava. Laura la aveva formulata per lei, era a lei che stava dicendo: mamma, non pensarci nemmeno. Benedetta dirottò la conversazi­one su suo padre, le ultime analisi, la fi

NESSUNO AVEVA INDOVINATO LE NOTTI IN CUI NON DORMIVA E SI SENTIVA PROSCIUGAT­A, COME SE AI SUOI ARTI FOSSERO ATTACCATI I TRE FIGLI E IL MARITO

a non dire, chiese di potere andare in bagno ed entrò nell’angusta stanzetta che aveva visto di sfuggita. In realtà, si accorse chiudendos­i la porta alle spalle, non era poi così piccolo quel bagno, e la doccia sembrava più grande di come l’aveva giudicata. C’era il confortant­e odore delle cose nuove, di vernice, plastica e sapone di buona qualità. Laura aveva sistemato sotto lo specchio una mensola lunga, che continuava a destra fino ad arrivare alla parete ad angolo. C’erano le sue creme, i suoi trucchi, anche una foto incornicia­ta di lei in gita con i bambini a cui insegnava. Tutto perfettame­nte in ordine. Tutto perfettame­nte suo. Benedetta fissò la mensola. Non aveva mai avuto un bagno così nella sua vita, lei. Non aveva mai avuto uno spazio tutto per sé, c’erano stati sempre solo cassetti, porzioni di ripiani, spazi da cedere alla famiglia.

Senza nemmeno accorgerse­ne iniziò a piangere, in silenzio, e doveva avere continuato a lungo, perché a un tratto sentì sua figlia bussare alla porta e chiedere se andasse tutto bene. Ora avrebbe dovuto rispondere, ma come avrebbe potuto fare? Come avrebbe potuto spiegare che una mensola ordinata e piena di cose belle e personali le aveva fatto un buco nel cuore? Sua figlia continuava a chiamarla, preoccupat­a, e lei non riusciva, non riusciva proprio a smettere mentre nella sua testa le chiedeva scusa.

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