L’INFELICITÀ DELLA VITA SECONDO VON SCHIRACH
Una volta Schlesinger era un bravo avvocato. Così comincia una delle storie (millesimate) di Castigo (Neri Pozza), il libro della settimana. Ferdinand von Schirach, celebre penalista tedesco e autore in proprio, ci ha già lasciato ricordi indelebili (Un colpo di vento e Il caso Collini) e ora si ripete.
La storia di Schlesinger (avvocato di grido finito fuori dal giro, pieno di rimorsi e di alcol, per espiare un suo errore professionale) mi ha rammentato la storia del mio avvocato preferito, Frank Galvin l’eroe di Il verdetto, il film in cui Sidney Lumet diresse il più grande Paul Newman di ogni tempo. L’errore commesso dall’avvocato Schlesinger è di aver fatto assolvere un uomo accusato di maltrattare i figli. Tornato in libertà, l’uomo «aveva ficcato il figlio di due anni in lavatrice e l’aveva fatta partire».
Le storie (vere) raccontate in modo magistralmente secco da von Schirach hanno quasi tutte un unico movente: l’infelicità della vita. È questo che determina i comportamenti folli e criminali. In questo senso i casi giudiziari di von Schirach somigliano ai casi clinici di Freud, ne sono la conseguenza giudiziaria.
C’è la storia di Strelitz, un uomo basso, che colleziona biografie di uomini bassi (Napoleone, Cesare, Mussolini, il Marchese de Sade, Kant,
Sartre, Capote, Karajan,
Einstein) e tiene attaccata allo specchio del bagno una foto di Humphrey Bogart (1,67). Strelitz per avere successo con le donne sfoggia auto di lusso e offre a destra e a manca drink e champagne in locali alla moda. Tutto inutile. Allora, una sera, il mite Strelitz opta per un colpo di testa (nel ramo spaccio di droga). Non vi dico come va a finire.
In un’altra storia un uomo si innamora di una bambola gonfiabile. In un’altra ancora una ragazza si ribella alle tradizioni e alla religione di famiglia (origini turche, fede islamica). Von Schirach racconta tutto in pochissime parole, senza condanne e senza assoluzioni.