«UN MONOLOGO SULLE DONNE. ORA
in un angolo della mente. Vista e subito archiviata. Ma adesso sta tornando fuori. È il gendercide, espressione inglese che indica l’uccisione sistematica di un gruppo di persone in virtù del loro gender. Quindi, il fatto che in alcuni Paesi, per esempio in India o in Cina, i feti di sesso femminile vengano eliminati, perché avere una figlia femmina viene considerata una sventura, in particolare dal punto di vista economico. Se una società consente di sopprimere le donne proprio perché sono tali, allora tutto il resto non vale nulla». Dalla soppressione delle donne in Asia alla parità dei salari in Occidente. Come si può combattere su così tanti fronti? E quali sono le priorità?
«Credo che il femminismo sia trasversale rispetto a ogni questione senza il permesso del marito». Quindi ci sono stati progressi. Per esempio nella rappresentanza politica.
«Sì, certo, non bisogna negarli. All’Assemblea nazionale il 40 per cento dei deputati sono donne, la parità è quasi raggiunta, e in ogni caso il numero è molto aumentato rispetto al passato. Ma non basta, bisogna fare di più. Nel mondo del lavoro, a parità di incarico e competenze, le donne guadagnano in media il 10 per cento in meno. Non è accettabile».
Lei è favorevole alle quote di genere?
«Sì, decisamente. Ancora una volta, in passato, pensavo che non ce ne fosse bisogno, invece bisogna promuovere la presenza delle donne, anche perché una volta raggiunti posti di responsabilità dimostriamo regolarmente maggiore sulla donna; altri pensano che una femminista dovrebbe tutelare la libertà delle donne di portare, se vogliono, il velo. Che cosa ne pensa?
«È molto difficile, bisognerebbe valutare caso per caso. La questione del velo islamico è delicata, in Gran Bretagna non è vietato nelle scuole, e io tendo a pensare che se una donna lo porta per motivi tradizionali, culturali o religiosi, non è un grande problema. Quando per strada vedo una donna con il velo non mi fa alcun effetto, non mi disturba, non ci faccio caso. Certo dovrebbe essere una scelta, e non una forma di oppressione. È una questione aperta, non mi sento di prendere una posizione una volta per tutte».
Nel suo intervento ha parlato