«FINE DEL CICLO, NON DELLA VITA»
donne sono una «sottocategoria del successo, un confinamento nel ghetto», e poi si lancia in un appassionato monologo sulle donne e il dolore. «Le donne nascono con il dolore incorporato. È il nostro destino fisico: dolori mestruali, seni indolenziti, il parto. Ce lo portiamo dentro attraverso la vita, cosa che agli uomini non accade. Loro devono inventarselo, il dolore, si creano tutti questi dei e demoni per sviluppare sensi di colpa, cosa che noi sappiamo fare benissimo da sole. Scatenano guerre per sentirsi vivi e avere un contatto fisico e quando non hanno le guerre ricorrono al rugby. Noi invece abbiamo tutto qui dentro. Proviamo dolore una volta al mese per anni e anni e proprio quando pensi di esserti abituata che cosa succede? Arriva la menopausa. La dannata menopausa arriva ed è la cosa più meravigliosa al mondo. Sì, il tuo intero pavimento pelvico crolla e tu hai le caldane e a nessuno interessa, ma finalmente sei libera. Non sei più schiava, non sei più una macchina. Sei solo una persona. E in affari».
È contenta del successo di questo “epico discorso”, come viene definito su Youtube?
«Sì, ne vado orgogliosa e penso che sia la prima volta che in televisione si siano ascoltate frasi simili. E così adesso sono diventata un’autorità mondiale sulla menopausa! Ma in fondo, perché no. È stato divertente partecipare a quell’episodio e il monologo dice cose in cui credo davvero: intanto, forse sarebbe un bene che gli uomini si occupassero dei loro figli neonati, e credo che il congedo parentale obbligatorio per i padri potrebbe essere un’ottima idea. Poi, l’ode alla menopausa è una specie di celebrazione della capacità della donna di cambiare, di attraversare fasi diverse nella vita. Credo che questa sia una fortuna per noi. Ci sono donne che hanno figli — io ne ho avuti tre — altre no, ma comunque, una volta che l’aspetto riproduttivo viene accantonato, molte si sentono spuntare le ali. Se i figli ci sono magari cominciano a essere grandi e lasciano un po’ più di tempo libero, e si smette davvero di essere delle macchine per diventare persone. Finalmente possiamo dedicarci alle cose che amiamo, per esempio noi stesse. Certo, gli anni avanzano e qualche volta il corpo non è in grado di stare al passo. Ma si riflette meglio».