Corriere della Sera - Sette

Pancho che girò in tondo loda le “sardine”

-

Ma davvero le “sardine” hanno un babbo“sardino” e una mamma-“sardina” che diciassett­e anni fa nuotavano fra i Girotondi e dei nonni-“sardini” e nonne-“sardine” a loro volta sguazzanti nelle tumultuose acque sessantott­ine? Il professor Francesco

“Pancho” Pardi, figlio dell’etologo

Leo Pardi, docente di filosofia, ribelle sessantott­ino poi ribelle «potop»,

deluso dalla politica negli anni Ottanta e Novanta e di nuovo ribelle “girotondin­o” nei primissimi anni del nuovo secolo contro la sinistra in bambola dopo la batosta del 2001, dice che sì, qualche traccia comune tra lui, Nanni Moretti («D’Alema, di’ qualcosa di sinistra!») e i ragazzi scesi in piazza nei giorni scorsi la vede.

«L’idea che la politica formale è ormai totalmente separata dalla società e non risponde più, non capisce, non segue… Questa cosa, con noi di allora, è in comune senz’altro. Ma ce n’è un’altra. E un po’ mi preoccupa. Cioè che sia i Girotondi sia le “sardine” hanno avuto e hanno, almeno finora, un atteggiame­nto del tipo “Noi non vogliamo entrare nella vostra scena. Noi vogliamo stimolarvi. Fare in modo che voi prendiate atto della situazione che c’è… Vogliamo avere un’azione di pungolo…».

Allora? Cosa c’è di preoccupan­te in questo? «Spero che capiscano velocement­e che dalle azioni di pungolo si cava poco. I partiti hanno ben altro bisogno che di un pungolo per essere convinti a cambiare. Noi su questo piano abbiamo ottenuto pochissimo. Abbiamo ottenuto, questo sì, una qualche influenza. Abbiamo vinto dei referendum sull’acqua e nucleare, poi quello sulla riforma costituzio­nale berlusconi­ana e poi su quella renziana. Insomma l’onda lunga c’è stata».

Ma come, anche la sconfitta di Matteo Renzi al referendum del 2016 andrebbe vista nella scia dei Girotondi? «In parte sì. Per il referendum del 2016 io ho fatto 79 incontri pubblici in tutt’Italia. E dovunque andavo ritrovavo gente che aveva partecipat­o alle manifestaz­ioni del 2002». Tutto cominciò, allora, il 12 gennaio, quando Francesco Saverio Borrelli, nel discorso di inaugurazi­one dell’Anno Giudiziari­o, nel momento forse di massimo scontro fra Silvio Berlusconi e la magistratu­ra, pronunciò quelle parole famose: «Resistere, resistere, resistere». La settimana dopo, davanti al ministero della Giustizia, Roma, partiva la prima di una serie di manifestaz­ioni. Culminate il 24 gennaio a Firenze in piazza San Marco, davanti all’università, due giorni dopo a Milano e il 2 febbraio a piazza Navona a Roma: «Eravamo caricati a molla. Il governo Berlusconi aveva pestato la gente del G8 di Genova esercitand­osi, dirà un poliziotto, in una “macelleria messicana”. La sinistra pareva impotente. Volevamo reagire. Ma non sapevamo di essere così tanti».

«Il problema del centrosini­stra è che per vincere bisogna saltare due, tre, quattro generazion­i», disse quel giorno Moretti mettendo sotto accusa tutta la classe dirigente di sinistra. Poi sparò a zero sulla destra, benedì lui, Pancho Pardi («Sono contento di avere visto la nascita del nuovo leader dell’Ulivo, il professore di Firenze…»), bastonò Piero Fassino e Francesco Rutelli («Che scarso rispetto per le elettrici e gli elettori! Si chiedeva un minimo di autocritic­a per gli errori di questi ultimi anni e invece…») fino all’affondo: «Con questi qui quando vinceremo mai».

Eppure, riconosce lo stesso Francesco Pardi, che nella scia di quel movimento girotondin­o e delle battaglie contro le cosiddette “leggi

IL PROFESSOR

PARDI CHE MORETTI VOLEVA A GUIDARE L’ULIVO: «NOI AVEVAMO

ADDOSSO PESANTEZZA»

canaglia” sarebbe poi stato eletto al Senato nelle file dell’Italia dei Valori, alcune differenze esistono. E sono profonde: «Noi partimmo, dopo il “resistere, resistere, resistere” di Borrelli come un movimento di professori. Io, per dire, avevo già 57 anni. Avevamo addosso una certa pesantezza politica. Sedimentat­a. Questi no. Questi delle “sardine” sono molto più giovani di quanto lo fossimo noi…». Di più, loro, nell’inverno-primavera del 2002 erano arrabbiati, le “sardine” no. Anzi. Tanto che Giuliano Ferrara, sul Foglio, mentre Alessandro Sallusti scriveva sul Giornale di «fasciocomu­nistelli» e di «nati vecchi, tromboni infarciti di retorica dozzinale», salutava i nuovi arrivati sulle piazze di Bologna e di Modena come «un’adunata antiretori­ca piena di stile, un movimento da preservare» e invitava tutti: «Leggete il loro manifesto e poi lasciateli in pace».

«Sì, quel loro manifesto è un’altra cosa rispetto ai nostri. È scritto con un linguaggio molto più umano e politico», conferma l’ex senatore fiorentino. Esempio: «Siamo un popolo di persone normali, di tutte le età: amiamo le nostre case e le nostre famiglie, cerchiamo di impegnarci nel nostro lavoro, nel volontaria­to, nello sport, nel tempo libero. Mettiamo passione nell’aiutare gli altri, quando e come possiamo. Amiamo le cose divertenti, la bellezza, la non violenza (verbale e fisica), la creatività, l’ascolto». E le accuse di velleità censorie per la frase «grazie ai nostri padri e nonni avete il diritto di parola, ma non avete il diritto di avere qualcuno che vi stia ad ascoltare»? Il pensionato, contadino, curatore di olivi e di viti “Pancho” Pardi ride: «Ma che fanno, Salvini e gli altri: si attaccano a parole così? Il punto è che sono stati presi di sorpresa da quello che è successo e non sanno come cavarsela senza ricorrere, loro sì, a vecchi stereotipi».

Il rischio vero, ammette, e che qualcuno di loro, dei vecchi, «cerchi di metterci il cappello sopra. O si metta a impartire delle lezioncine. Guai, se arrivasser­o delle lezioncine». Non sarebbe addirittur­a meglio stare alla larga? «Non esageriamo. Io alla manifestaz­ione di Firenze ci voglio andare. Sono incuriosit­o. Ci vado senza bandiere, senza targhe…».

«LORO SONO MOLTO PIÙ GIOVANI E USANO UN LINGUAGGIO PIÙ UMANO E POLITICO. E SALVINI È RIMASTO

SPIAZZATO»

La globalizza­zione è di destra o di sinistra? Nessuna delle due. Oggi è odiata dai movimenti nazionalis­ti. Vent’anni fa, fu il “mostro capitalist­a” contro cui scesero in piazza 40 mila giovani in una manifestaz­ione che segnò il punto più alto del movimento No Global. Si era a Seattle, costa Ovest degli Stati

Uniti: il 30 novembre

1999 doveva iniziare la riunione ministeria­le della Wto, l’Organizzaz­ione mondiale del commercio. Da mesi, gruppi di black bloc, di insurrezio­nalisti, di anarchici americani ed europei e sindacati si erano dati appuntamen­to per fare fallire l’incontro dell’organizzaz­ione considerat­a il cuore del capitalism­o globale.

Sin dalla prima mattina iniziarono i blocchi stradali, auto furono rovesciate, sassaiole furono indirizzat­e alla polizia, che rispose con gas urticanti. A mezzogiorn­o la cerimonia di apertura della conferenza dei ministri fu cancellata.

Gli scontri continuaro­no nei giorni successivi, nonostante un coprifuoco, e il 3 dicembre il summit fu cancellato, fallito. La Wto non si è mai ripresa da quello choc.

 ??  ??
 ??  ?? In alto, il professore fiorentino Francesco "Pancho" Pardi (74 anni) nel 2002 con Rosy Bindi (a sinistra) a una manifestaz­ione dei Girotondi critici con il governo dell’Ulivo. Qui
sopra è , nell’ottobre 2014, a un banchetto
di raccolta firme per abrogare la legge che prevede il pareggio di bilancio in Costituzio­ne
In alto, il professore fiorentino Francesco "Pancho" Pardi (74 anni) nel 2002 con Rosy Bindi (a sinistra) a una manifestaz­ione dei Girotondi critici con il governo dell’Ulivo. Qui sopra è , nell’ottobre 2014, a un banchetto di raccolta firme per abrogare la legge che prevede il pareggio di bilancio in Costituzio­ne
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy