Corriere della Sera - Sette

LA PROF ACCOLTELLA­TA E GLI ALTRI DELITTI DEL DAMS

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Nel 1983 il corpo di Francesca Alinovi, assistente

al Dipartimen­to di arte, musica e spettacolo di Bologna, viene trovato trafitto da 47 coltellata­te. Un suo allievo verrà condannato. Ma non è finita. Perché altri due omicidi creano la psicosi del mostro

Bologna, 15 giugno 1983. L’estate non è ancora cominciata eppure alle 7 di sera fa caldo come fosse mezzogiorn­o. L’aria è pesante dopo un’intera giornata di sole e il calore risale dai sanpietrin­i arroventat­i e ristagna sotto i portici. Un’auto dei vigili del fuoco arriva in via del Riccio, alle spalle di piazza Maggiore, poco più di un vicolo che taglia il cuore della città. Gli uomini portano a spalla una scala fino al civico 7 per raggiunger­e una finestra spalancata al secondo piano. Un uomo sale e si sporge all’interno della stanza, poi si gira verso i colleghi e grida: «Chiamate il 113!». Nel salotto ingombro di libri, quadri e dischi in vinile c’è il cadavere di una donna. Indossa pantaloni, una maglietta a righe, scarpe rosse e un giubbetto di pelle, anche se fa caldo. Il corpo è disteso a terra e ha la testa coperta da due grandi cuscini. È Francesca Alinovi, bella e stravagant­e critica d’arte e assistente di Renato Barilli al Dams di Bologna. Il suo corpo è stato trafitto da 47 coltellate, tutte poco profonde. Tranne una: quella che l’ha uccisa recidendol­e la giugulare. Francesca è morta lentamente. L’autopsia

dirà di soffocamen­to emorragico, affogata cioè nel suo stesso sangue.

A chiamare i vigili è stato un suo amico, preoccupat­o perché la donna non rispondeva al telefono. Quando il capo della Mobile di Bologna arriva sul posto, appare chiaro che il delitto ha qualcosa di strano. Non ci sono segni di lotta, la porta è chiusa, anche se solo con lo scatto della serratura, e nonostante le finestre aperte nessuno dei vicini ha sentito gridare. Su una finestra del bagno, poi, una scritta inquietant­e in un inglese sgrammatic­ato: Your not alone… any way (Comunque non sarai mai sola). Le indagini si concentran­o sull’ambiente dell’Alinovi, sul Dams, il corso di arte musica e spettacolo. Gli amici della donna si precipitan­o in Questura e fanno il nome di Francesco Ciancabill­a, pittore 24enne e allievo di Francesca. Lei lo ha lanciato come artista e ne è innamorata, senza esserne ricambiata. Come annota nel suo diario, il ragazzo forse è omosessual­e. A complicare le cose c’è la droga. I due litigano spesso, ma il rapporto dura da due anni, tra eccessi e minacce di suicidio. Una spirale morbosa che si interrompe solo con la morte di Francesca, dando il via a una vicenda giudiziari­a dove gli orari sono fondamenta­li e uno scarto di minuti decide tra colpevolez­za e innocenza.

È una storia fatta di piccoli dettagli, quella della morte di Francesca, di elementi in apparenza insignific­anti che, tuttavia, se messi insieme tratteggia­no il volto di un colpevole. Il processo inizia nel gennaio del 1985, Ciancabill­a ammette di essere stato con Francesca dalle 15 alle 19 circa, e quando l’ha lasciata era viva. L’ora della morte viene collocata in

una finestra temporale compatibil­e con quelle quattro ore, ma il corpo è rimasto per giorni sotto il sole che entrava dalla finestra, accelerand­one la decomposiz­ione. In aula la battaglia tra i legali è a suon di perizie tecniche: il Rolex che Francesca aveva al polso è a caricament­o automatico. Conoscendo la durata della carica si può risalire al momento in cui Francesca è stata uccisa, all’ultima volta che ha mosso il polso. La polizia, però, non ha fatto la cosa più semplice: girare le lancette fino allo scatto del datario per stabilire se l’ora sul quadrante è quella del mattino o della sera. I pareri sono discordi. E il 31 gennaio Ciancabill­a viene assolto per assenza di prove. Il pubblico fischia la sentenza. Poi, a sorpresa, un anno dopo, la Corte d’Appello ribalta il giudizio sulla base di un castello accusatori­o ingià

Poco prima della morte di Alinovi scompare Angelo Fabbri, studente preferito di Umberto Eco. L’ultima persona a sentirlo è il suo migliore amico. Lo ritrovano

senza vita sulle colline di Bologna. Il caso è insoluto

La sera del 29 novembre 1983 Leonarda sta parcheggia­ndo l’auto a Casalecchi­o di Reno. Il marito la vede dalla finestra ma nei 5 metri che la separano dal portone del palazzo Leonarda scompare. Quattro giorni dopo dei guardiacac­cia si imbattono nel suo corpo in una cava di gesso sul colle della Croara, zona di caverne dove si dice si celebrino messe nere. Una stringa le lega il collo, ma a ucciderla è stato un colpo di pistola. Nessun segno di stupro, nulla fa pensare a un’aggression­e sessuale. Anni dopo, le tecniche del Dna riaprirann­o il caso: inutilment­e. L’assassino di Leonarda è ancora senza nome. Come quello di Angelo, come forse quello di Francesca, stando a quanto sostiene ancora oggi Ciancabill­a, che nel 2005 è uscito di prigione dopo aver pagato il suo conto con la giustizia. Non ha perdonato i giudici, dice, per quello che gli hanno fatto e «perché l’assassino di Francesca è ancora là fuori».

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Nata nel 1948, fu trovata morta il 15 giugno del 1983 nella sua abitazione di Bologna: aveva 35 anni, era stata colpita da 47 coltellate. Francesco Ciancabill­a, qui sopra, 24 anni giovane pittore di Pescara, fu condannato per il delitto
A sinistra Francesca Alinovi, critica d’arte. Nata nel 1948, fu trovata morta il 15 giugno del 1983 nella sua abitazione di Bologna: aveva 35 anni, era stata colpita da 47 coltellate. Francesco Ciancabill­a, qui sopra, 24 anni giovane pittore di Pescara, fu condannato per il delitto

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