Oggetti o persone, rottamare è disumano
Le cose di ieri sono già vecchie, e le cose vecchie si buttano anche se funzionano. È l’imperativo del tempo, ed è spietato. Pensate alle cuffiette auricolari. Ne abbiamo tutti le tasche piene di quelle con il jack di ingresso rotondo. Le potevi comprare anche dal cinese e avevano il pregio di essere adattabili a una pluralità di strumenti, oltre che al cellulare.
Non è più così. Apple ha cambiato di nuovo il
suo iPhone e nella versione più recente, chissà
perché, ha tolto il buchetto d’ingresso delle vecchie
cuffie. Adesso si possono usare solo quelle
nuove, che però si collegano al device dalla stessa
“porta” del cavo di alimentazione,
per cui una semplicissima operazione come quella di ricaricare il telefonino mentre si parla con gli auricolari, tipico di chi viaggia in auto o in treno, è diventata impossibile: o lo carichi o lo usi.
Perché? Bah. Vedo un’unica
possibilità: per rottamare i vecchi
auricolari e farcene comprare
nell’economia 4.0 comandano i
gusti e le scelte del consumatore
non si dice proprio la verità: bisogna vedere infatti
quanto quelle preferenze siano indotte.
Un altro esempio. A Roma c’è un negozio di altri
tempi, che oltre a vendere elettrodomestici li
ripara anche. Io ci andavo per i rasoi, si rompono
continuamente, e mi è sempre sembrato immorale comprarne ogni volta uno nuovo. Ho scritto “c’è” ma avrei dovuto dire “c’era”. L’ultimo rasoio da aggiustare me l’ha rifiutato. Stiamo
chiudendo, mi ha detto, non c’è più margine. Sostiene
che i clienti ormai vanno da lui solo per
provare la merce, poi comprano su Amazon dove
costa meno. Dovrò rottamare anche i rasoi.
Ho il sospetto che questa abitudine, che Papa
Francesco chiama la “cultura dello scarto”, venga
sempre più spesso applicata anche agli esseri umani. Nelle aziende per esempio. Molte offerte di lavoro contengono ormai la clausola “età non superiore ai 50 anni”. Ci sono casi – ne conosco qualcuno – in cui la società è disposta a pagare
qualche anno di stipendio pur di tenere a casa i dirigenti
più “maturi”. Non avviene solo perché c’è la
crisi e con gli anni aumenta anche il costo. Molte
volte è proprio un pregiudizio, una discriminazione
basata sull’età. Si ha la convinzione che dai cinquanta
possibile.
Non lo capisco. Mi sembra il contrario della realtà. Non ricordo nessun altro decennio della mia vita in cui sia stato così disposto a cambiare e a provare cose nuove come quello dei cinquanta (sto provando a migliorarmi anche nei sessanta, ma mi sembra
più difficile). Questo presunto destino di obsolescenza
è già discutibile per le cose (le mie vecchie
cuffiette funzionavano benissimo e duravano da
una vita); ma è ingiusto e disumano se applicato
alle persone. Lo slittamento semantico della parola
“rottamazione” è uno dei più grandi rischi della
nostra epoca.
in su si perda in velocità,
resistenza, voglia di fare, che si
perché si è sempre fatto in un
certo modo. Che dunque il cinquantenne
sia da scartare, appena