Corriere della Sera - Sette

Il male è inatteso e inaccettab­ile Va raccontato senza menzogne

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Anni dopo Marco viene ucciso.

Ha vent’anni quando muore per un colpo di pistola sparato da Antonio Ciontoli, padre della fidanzata (da sentenza di primo e di secondo grado). Succede a casa Ciontoli, mentre Marco si sta facendo il bagno, e per sbaglio parte un colpo di pistola (versione della famiglia Ciontoli).

La storia che viene dopo è nota (soccorsi chiamati in ritardo, spiegazion­i: si è ferito con la punta di un pettine). L’intera famiglia Ciontoli, compatta, che arriva a protestare per l’eccessiva visibilità dei genitori di Marco, i quali tentano di non far chiudere le indagini, sottolinea­ndo le anomalie del caso.

Ora però torniamo al video di Marco bambino che riporta alla mente un altro video: la prima comunione di Sarah Scazzi con Sarah novenne, vestito bianco, coroncina di fiori (mandato più volte in onda da telegiorna­li e programmi pomeridian­i).

Eppure non sono stati uccisi quei bambini. O meglio: sono stati uccisi anche quei bambini. E gli adolescent­i in mezzo, e i ragazzi dopo. Ma al racconto televisivo serve di più, maggiore differenzi­azione tra bene e male, meno compromiss­ione.

Pertanto, attraverso le immagini delle vittime da piccole – quasi a fornire il corrispett­ivo visivo di «era un angelo» – la television­e esaspera la distanza tra assassinat­i e assassini, insieme all’idea di male e di purezza, quasi che la purezza appartenga principalm­ente ai bambini. Ecco la menzogna. Non è necessario mostrare Sarah e Marco bambini per dirci che quello commesso è un crimine atroce. Non serve mettere in scena la suggestion­e che sia stata interrotta un’infanzia per rendere il fatto maggiormen­te doloroso, inaccettab­ile.

Non esiste gerarchia delle vittime, così come dei colpevoli. Inutile aggiungere dettagli cupi ai colpevoli, riprenderl­i dal basso, orchi, mostri. Volendo rimanere più vicini alla realtà bisognereb­be raccontarl­i nel loro essere normali, individui capaci di intendere e di volere, inseriti in contesti sociali e lavorativi. Mariti, padri, come appunto Antonio Ciontoli padre talmente irreprensi­bile da generare devozione cieca nei figli che lo difendono contro ogni etica e ragionevol­ezza. «Era destino che dovesse morire», dice Martina Ciontoli del fidanzato appena morto. E sul padre: «Chissà adesso che gli faranno, proprio a lui che ha fatto del bene a tutti» (da intercetta­zioni).

Il più delle volte l’assassino non è lontano. Padre, zio, parroco, vicino di casa. Sorride, non urla. Ti prende la mano, la stringe tra le sue. L’assassino è colui che un tempo ha detto: rialzati, vieni verso di me, al bambino che sei stato. Un mondo speculare, non contrappos­to, questo è il male. Inaspettat­o, non identifica­bile.

«Qui Marco Vannini ha un anno e tre mesi» spiega una voce (Gianluigi Nuzzi, Quarto Grado – Rete 4). Dove qui è un video girato dal padre di Marco dentro casa, per la precisione in salotto.

Il padre incita il figlio a camminare.

Il piccolo inciampa, si rialza, trotterell­a verso di lui.

NON C’È GERARCHIA DELLE VITTIME O DEI COLPEVOLI. INUTILE AGGIUNGERE DETTAGLI CUPI, MEGLIO FERMARSI ALLA NORMALITÀ DEL DOLORE

Isabel Allende (1987)

C. Sgorlon (1973)

Amin Maalouf (2000)

Abraham Yehoshua (1997)

Mario Vargas Llosa (1977)

T.Ben Jelloun (1985) Amos Oz (1987)

David Grossman (1994)

Jorge Amado (1972)

Banana Yoshimoto (1987)

Già consiglier­a diplomatic­a del ministero dello Sviluppo economico, Alessandra Schiavo (1969) è dal 2018 ambasciatr­ice d’Italia in Myanmar. Parla fluentemen­te inglese, francese e spagnolo; conosce il portoghese, il tedesco, l’arabo e l’ ebraico. «Eva Luna mi ha segnata per l’ironia e l’indomabile forza della protagonis­ta femminile. Eva sopravvive a tutto. Anzi, cavalca la vita. Il suo nome è evocativo: quello della prima donna dell’umanità; dell’astro che muove le maree. Eva Luna mi ha aiutata a sentire che ogni caduta è un’occasione per volare. Quasi tutti questi libri narrano di viaggi e avventure; di esplorator­i involontar­i o inconsapev­oli, spinti da un irresistib­ile motore interiore ad abbandonar­e i propri lidi. In fondo questa sono io!

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