Corriere della Sera - Sette

Mirko fa salire Ilaria sul suo taxi e la porta all’ospedale

-

Qui troverete piccole storie e ritratti di quotidiani­tà.

Persone che vivono le loro vite normalment­e finché incontrano qualcosa di estremamen­te piccolo

e significat­ivo, che li spinge a condivider­e la condizione umana, in un abbraccio di emergenza

che serve a non essere travolti

Mirko li detestava tutti, ormai, e si detestava, perché all’inizio, quando aveva preso la licenza, non era per niente così. Li ascoltava, quando parlavano al telefono, o quando rivolgevan­o la parola direttamen­te a lui. Era curioso delle loro vite, immaginava da dove venissero o dove andassero. Immaginava ricongiung­imenti o fughe. Aveva visto una ragazza piangere di notte, e quando le aveva chiesto se andasse tutto bene, lei aveva risposto bruscament­e, ferita dal fatto che Mirko avesse notato la sua tristezza.

Poi nel corso degli ultimi due anni, tutto era precipitat­o. Non a caso, con la fine del suo matrimonio. Non a caso, quando era ritornato a vivere dai suoi genitori, e il figlio incontrato a settimane alterne, e adesso anche il nuovo compagno di sua moglie. Era triste, magari era depresso e nemmeno lo sapeva. Aveva bisogno di soldi e pensava che sorridere, distrarsi, sarebbe stata una perdita di tempo. Una volta gli era salito sul taxi uno scrittore, uno che si occupava di television­e e Mirko gli aveva detto dottore, questo dovrebbe raccontare, un padre che si separa e perde tutto e anche se sa che ha sbagliato, lui non ce la fa a raddrizzar­e le cose, però la storia dovrebbe avere un finale positivo perché altrimenti è troppo deprimente, no? Perché anche io ho bisogno di pensare a un finale positivo. Non aveva detto esattament­e queste cose allo scrittore, lo avrebbe preso per pazzo. Però sì, aveva fatto un accenno ai padri separati, al fatto che si parla poco di loro, e lo scrittore aveva annuito, poi aveva risposto a una telefonata. Mirko si era sentito un cretino e non aveva mai più parlato di sé. Non voleva sentirsi più così in imbarazzo.

I rapporti con i suoi colleghi, si erano ridotti da quando tutti avevano saputo. Se c’era una cosa che Mirko detestava era quella insopporta­bile pietà, magari sincera, ma sempre un po’ superiore, di chi dice: a me per fortuna non sta capitando niente. Così, aveva smesso di parlare con i colleghi, con i clienti, e un po’ con tutti in fondo. Le sue giornate erano diventate tutte uguali. Aveva già fatto cinque corse, quando decise di prendere la signora che aveva alzato un braccio in strada. Anche se non lo faceva

SE C’ERA UNA COSA CHE MIRKO DETESTAVA

ERA QUELLA INSOPPORTA­BILE PIETÀ, MAGARI SINCERA, MA SEMPRE UN PO’

SUPERIORE

mai, di fermarsi e caricare così al volo. Ma la signora era anziana e sembrava stanca. Non si stupì per niente quando la signora gli chiese di portarla all’ospedale non lontano. Calcolò mentalment­e l’importo della corsa, era un giochino che faceva sempre, e ormai ci prendeva fino all’ultima cifra. La signora rimaneva in silenzio, forse pensava al marito o all’amica che stava andando a trovare. Poi la vide chiudere gli occhi. «Scusi, le devo chiedere di fare presto. Mi sento… mi sento male». Mirko si allarmò, scartò con l’auto e accelerò. «Cosa si sente, signora?». «Il cuore». «Fra poco siamo lì, vedrà...». Bruciò i semafori, la signora non rispondeva più, Mirko non sapeva cosa fare. «Signora…?». «Mi chiamo Ilaria», rispose lei. «Quanto manca?». «Solo un paio di minuti, pensa di... pensa di riuscire a resistere?». Era una domanda stupida e infatti la signora sospirò guardandol­o attraverso lo specchiett­o, come a dire: amico mio come posso saperlo? Mirko pregò di arrivare in tempo, e avvertì una scarica di adrenalina forte, come se quella fosse la prima cosa che da tempo gli importasse davvero. Un odore di piscio si diffuse nel taxi, mentre Mirko sentiva la signora Ilaria dire: «Mi dispiace»; e sentiva sé stesso dire: «Non si preoccupi, non importa», ed era la verità. Arrivarono direttamen­te all’ingresso del Pronto soccorso, Mirko scese ad aiutarla, urlò sta male agli infermieri che si affrettaro­no con la barella e Ilaria in quel momento gli passò il suo telefono cellulare. «Per favore chiami mio figlio. Ettore. Gli dica di venire ma non lo spaventi .Ese dovesse arrivare troppo tardi, gli dica… gli dica che mi dispiace di tutto quello che non gli ho detto, può fare questo per me?». Mirko annuì mentre gli infermieri con gesti veloci la mettevano sulla barella. Ilaria lo guardò mentre Mirko teneva ancora il telefono in mano. «Lo chiami per favore. Gli dica che mi dispiace, mi dispiace tanto per tutti i debiti che troverà». Poi sparì dietro le porte a vetri. Mirko rimase lì accanto al taxi. Stava per chiamare Ettore. Non puoi far finta di non vivere, si disse, mentre cercava il numero nella rubrica. Non puoi far finta che al mondo non ci sei.

PREGÒ DI ARRIVARE IN TEMPO, E AVVERTÌ

UNA SCARICA DI ADRENALINA, COME SE QUELLA FOSSE LA PRIMA COSA CHE DA TEMPO GLI IMPORTASSE

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy